Geisha, fauno, divinità indiana, un signore dai capelli bianchi e ricci che assomiglia a Dio: Renato Zero, a 69 anni (compiuti lunedì 30 settembre) mette in mostra le sue mille anime per presentare il nuovo album Zero il folle (nei negozi da venerdì). E il primo novembre partirà da Roma il nuovo tour nei palasport: 13 le date già sold out. «Le piume di struzzo, le paillettes — dice in una sala colma di fan che gli cantano Tanti auguri — mi hanno tolto dal grigiore di una vita come quella di papà, che voleva fare il tenore e non c’è riuscito. Oggi voglio festeggiare Zero per avermi posseduto dall’età di 15 anni, per avermi tolto dalla nullatenenza, dalla noia, ma soprattutto per avermi infuso quel desiderio di cambiare le cose e la vita. Quella di Renato e di Zero è stata una convivenza contrastata. Zero a un certo punto era diventato troppo invadente, l’ho rimesso a posto. Ormai dormiamo nello stesso letto e usiamo lo stesso rasoio. Ma è un bene che ci siano conflitti. Essere appagati sarebbe un vivere monocorde e insignificante».
Nell’album — registrato a Londra con Trevor Horn, Alan Clark e Phil Palmer dei Dire Straits — c’è tanta attualità: ecologia, globalizzazione, fuga dei cervelli, il rapporto con Dio, il machismo («Tanti maschi, ma pochi uomini… come in Parlamento. La società va rifondata dalle basi, dalla famiglia»). «Con le mie canzoni ho sempre cercato di scuotere le coscienze come hanno fatto Gaber, Dalla, De André, Jannacci, Modugno».
In «La culla è vuota» parla di crisi delle nascite e critica l’aborto. «Lo condanno quando viene usato come anticoncezionale». Mai più da soli graffia i social. «Si propaganda l’esposizione, chi si offre. C’è una competizione insana a voler assomigliare o superare Sara Ferragni… Ah, si chiama Chiara? Noi della giungla non siamo aggiornati». In Ufficio reclami ironizza sul sesso con un coro angelico: «Sono un peccatore eccellente, non mi aspetto grandi cose dal piano superiore». Affonda sull’ambiente: «Da romano mi rendo conto di come il disagio, la sporcizia, le buche intacchino la nostra salute fisica e mentale, l’umore. Quando ho scritto Il Cielo non pensavo a questo cielo. I temporali di una volta servivano a pulire anche quello che non pulisce la Raggi». Greta Thunberg? «Non trovo scandaloso che dica di non voler morire intossicata. Non stiamo in poltrona a giudicare». Nella canzone che dà il titolo all’album «riassumo la mia vita in quattro minuti». Quattro passi nel blu è un omaggio agli amici scomparsi: «Lucio Dalla, Ivan Graziani, Mango e tanti altri. Sono la mia coperta di Linus. Li porto addosso anche in questo disco». Produce da sé dischi e concerti e attacca le multinazionali: «Prendono i soldi qui e li spendono a casa loro».
Renato Zero esiste, spiega, «perché abbiamo avuto Clapton, John Mayall, Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald, Frankie Valli. Un mio amico marinaio mi portava dall’America i dischi di Frankie Avalon e Burt Bacharach che in Italia non arrivavano, li bloccavano alle frontiere. Forse c’era un Salvini anche allora». Ringrazia il pubblico: «Mi ha consentito di non allontanarmi dalla passione, dall’impegno. Mi ha aiutato a considerare che le canzoni fanno parte di me, sono parenti di Pasolini, Fellini, Carlo Giuffré e di tanti altri amici». Camaleontico Renato: «Poter indossare la mia natura, muovere il pensiero degli altri lo ottieni se sei padrone delle tue esperienze, se sei portatore sano del coraggio». Difetti? «Uno: sono sempre stato avanti di trent’anni. Penso a Lindsay Kemp, Paolo Poli, Mozart, Beethoven, van Gogh, Lady Gaga, i Queen. Gesù Cristo: oggi sarebbe tale e quale ad allora. Ci si nasce stravaganti, genio e sregolatezza».
Sandra Cesarale, Corriere.it