Vent’anni fa moriva Fabrizio De André. La sua eredità artistica è impressa nella memoria di più generazioni, e le sue canzoni continuano a rappresentare un punto di riferimento per tutti quelli che si accostano al cantautorato italiano. Parlare di Fabrizio De André vuol dire parlare di poesia in forma di musica, ma anche parlare dei luoghi a lui cari, che ne hanno formato la personalità e la poetica: Genova e la Sardegna. Sono queste le chiavi di lettura del documentario in prima visione tv “Fabrizio De Andrè. Luoghi, parole, persone” di Fabrizio Marini, in onda martedì 1 ottobre alle 21.10 su Rai Storia, per il ciclo “Italiani”. Figlio di un’agiata famiglia Fabrizio ha scelto di seguire le inclinazioni personali: la poesia, l’anarchia e la musica. Ha scelto di dare voce a chi la voce non l’ha mai avuta, gli ultimi della terra, gli emarginati, i dannati. Con coerenza ha perseguito la sua linea, fino alla fine della carriera, passando dal popolo sardo dei pastori e dagli indiani d’America. Dori Ghezzi, compagna e complice nelle scelte artistiche e di vita, racconta quanto la vita con Fabrizio sia stata un percorso predestinato, da quando si sono incontrati alla fine degli anni ’60 in quella Genova perfettamente ritratta dall’obiettivo fotografico di Lisetta Carmi. Insieme, Dori e Fabrizio, hanno attraversato uno dei momenti più drammatici che si possano immaginare, il rapimento da parte della anonima sequestri sarda nel 1979, evento sconvolgente che ne ha fortificato il rapporto e ha dato ulteriore linfa creativa alla produzione musicale di Fabrizio. Oltre alla testimonianza di Dori Ghezzi, parlano del cantautore il suo agente letterario e amico genovese Stefano Tettamanti, il poeta Umberto Fiori, l’amico e fratello gallurese Filippo Mariotti e lo studioso Romano Giuffrida. Sono invece le canzoni di Cristiano De André, che oggi suona la rivisitazione del disco “Storia di un impiegato”, a portarci nel mondo del padre, un mondo capace di attraversare il tempo e di riproporsi sempre con rinnovata forza.