In Italia, su Sky, arriverà a ottobre. Lo showrunner, Damon Lindelof, lavorò sulla serie che cambiò la tv, ‘Lost’. Nel cast Jeremy Irons, Don Johnson, Regina King e Jean Smart. Ma Moore non sembra convinto del risultato
“Potevano scegliere. Tutti. Potevano seguire le orme di brave persone come mio padre o il presidente Truman. Uomini decorosi che credevano nel lavoro e in una giusta paga. Invece hanno seguito lo sterco di pervertiti e comunisti, e solo troppo tardi si sono accorti che quella strada conduceva a un precipizio”. Ambientata in una dimensione storica alternativa dove, se sei supereroe, sei automaticamente un disertore o un fuorilegge, la serie Hbo Watchmen, ispirata alla graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons, e pubblicata da DC Comics a metà anni Ottanta, arriverà in Italia su Sky a partire da ottobre, in contemporanea con gli Stati Uniti. Lo showrunner, Damon Lindelof, ha già tenuto incollati esperti di vita, morte e meccanica quantistica ai drama sovrannaturali The Leftovers e Lost.Qui, il ‘suo’ mondo alternativo è fatto di poliziotti che indossano maschere gialle, il Dr. Manhattan, un fisico nucleare rimasto fulminato in un campo intrinseco e dotato di superpoteri in mano al governo, e l’antieroe Rorschach – vero nome: Walter Joseph Kovacs – all’alba di un culto razzista che ricorda vagamente il suprematismo bianco, invocato in questi giorni dal presidente Trump dopo le sparatorie in Texas e Ohio, attribuite a disturbi mentali e videogame, e non alle armi. Nel cast, Jeremy Irons (Justice League) nella versione più in là con l’età di Ozymandias (deve il suo nome a quello greco di Ramses II), Regina King (The Leftovers), Don Johnson (Django Unchained), Louis Gossett Jr. (Hap and Leonard), Tim Blake Nelson (Colossal), Adelaide Clemens (Rectify), Andrew Howard (Bates Motel), Frances Fisher (Masters of Sex) e Jean Smart (Fargo) nel ruolo di un misterioso agente dell’Fbi.La saga originale affondava l’inchiostro, e quel manipolo di Watchmen-giustizieri, proprio nelle tensioni della Guerra Fredda. Dall’anteprima che Hbo ci ha mostrato a Los Angeles, l’universo della serie tv manterrà il concetto di repressione sistemica e di lotta tra governo e supereroi, distanziandosi, per tutto il resto, dai comic books. Sono gli eventi narrati da Moore e Gibbons, nei 12 numeri usciti nel 1986-87, a diventare un micidiale ordigno di revisionismo storico, omicidi politici e guerre “terroriste in maniera crescente”.”Attaccare uno di noi è attaccarci tutti” gridano a un certo punto i Watchmen quando ormai sembrano finiti. Dieci anni fa, il regista di 300 Zack Snyder aveva tentato la trasposizione su grande schermo sotto Warner Bros., dividendo pubblico e stampa. Sotto Natale, il New York Times pubblicò perfino la lettera di un lettore del Queens, New York, diretta alla critica Manohla Dargis, in risposta a un suo pezzo sulla resilienza degli indie movies e l’imperare degli Studios: “Anche se Ms. Dargis lo congeda come uno dei film peggiori dell’anno, a Watchmen va dato atto di essere un pezzo di torta art-house indipendente, con la glassa del blockbuster”. Si legge ancora: “Agli altri film sui supereroi mancano gli ingredienti di questo film: la decostruzione e la maturità dei combattenti del crimine in costume, l’abbraccio caldo di un mezzo d’arte (il fumetto) maltrattato e incompreso nel paese d’origine, e uno specchio puntato sulla società, pronto a esibire le sue imperfezioni, i conflitti, le ansie e le ipocrisie”.Sulla serie tv Hbo, però, ha già da ridire il fumettista-scrittore Moore: non solo mancano i riferimenti a Before Watchmen, i libri fatti uscire da Dc nel 2012 come prequel dei 12 volumi dell’86; non c’è nemmeno traccia dell’edizione limitata Doomsday Clock (2017 – 2019) scritta da Geoff Johns. Secondo Casey Bloys, presidente della programmazione Hbo, “a giudicare dalle interazioni che abbiamo avuto con Moore, direi che i remix e gli aggiornamenti apportati alla sua collana di fumetti non lo elettrizzano”. Aggiunta di nuovi personaggi e riflettori puntati sul presente statunitense, Moore non si è scomodato e alla parola consulente ha risposto: “No, grazie”. Lindelof dice di aver fatto pace con l’idea di non avere il re della controcultura a bordo. “È un genio” sostiene. “Ha uno spirito punk e un lato ribelle che ho sempre invidiato. Se qualcuno avesse provato a dire a un giovane Alan Moore ‘devi fare così, si fa come dico io’, lui avrebbe tranquillamente sbottato: ‘Fottiti’. Anch’io sono di quella pasta. Fottetevi tutti. Perché quello che vedrete in autunno sarà il mio Watchmen”.
Filippo Brunamonti, repubblica.it