Beverly Hills, sfida alla nostalgia: “Così siamo sopravvissuti ai 90”

Beverly Hills, sfida alla nostalgia: “Così siamo sopravvissuti ai 90”

Da oggi in Usa va in onda “BH 90210”, il sequel della serie cult sui teenager

E’ partito tutto con una chat di gruppo. Telefonare sarebbe stato complicato: chi avrebbe dovuto chiamato chi? E in quale ordine?». Tori Spelling e Jennie Garth sono ancora molto bionde e molto simpatiche e hanno raggiunto quel tipo di confidenza da finirsi le frasi l’una con l’altra. Trent’anni fa, quando si incontrarono per la prima volta negli studi della Fox per recitare nel serial Beverly Hills 90210, erano due ragazzine sconosciute ignare della fama che le avrebbe travolte. Oggi in rete esistono test per capire «quale personaggio di Beverly Hills sei», a dimostrazione di quanto il telefilm sia parte della cultura pop, prodotto che ha attraversato più generazioni.«Mia figlia lo ha fatto ed è venuta fuori Donna. Meno male: era la vergine del gruppo», racconta Spelling. Nel telefilm interpreta appunto la virtuosa Donna Martin, mentre Kelly Taylor è quella promiscua, la ragazza interrotta. «Quindi devo preoccuparmi che le mie figlie sono venute delle Kelly?», ride Garth. Andato in onda in Usa dal 1990 (in Italia dal 1992) al 2000, Beverly Hills 90210 è stato a suo modo rivoluzionario, moderno nel modo in cui ha raccontato la parte oscura di vite apparentemente perfette, quelle di una manciata di ragazzi privilegiati tra divorzi dei genitori, alcool, tormenti adolescenziali, gravidanze, bullismo. «Tutte cose ancora attuali e infatti lo show è invecchiato bene», dice Garth, che insieme a Spelling è ideatrice e produttrice di una nuova miniserie.

Nostalgia canaglia
In onda negli Usa da oggi, BH 90210 non è un sequel e neanche un rifacimento, piuttosto una reunion, un’operazione nostalgia, ma molto divertente e meno banale di quanto si potesse immaginare. L’idea è infatti di far interpretare a ciascun attore una versione di se stesso che è vicina al personaggio, ma che è anche influenzata dalla sua immagine pubblica, tra verità e pettegolezzo. E quindi Brian Austin Green è sposato e vive nell’ombra di una donna più ricca e più famosa di lui (nella vita è Megan Fox, con cui Green ha avuto quattro figli); Jason Priestley è un regista con la fama di rissoso; Ian Ziering è succube di una moglie che lo tradisce, in linea con quello che sarebbe davvero toccato al suo personaggio Steve Sanders; Gabrielle Carteris è già nonna e fa la presidente del sindacato degli attori, perché che altro avrebbe potuto fare nella vita Andrea Zuckerman se non la sindacalista? Tori Spelling ha un marito fannullone e sei figli da sfamare e nonostante sia figlia del produttore della serie originale (nella realtà il mitico Aaron Spelling) è sempre senza un soldo; Jennie Garth vive ancora nell’ombra del suo personaggio, con ragazzi più giovani che la corteggiano chiamandola Kelly, mentre Shannen Doherty nel primo episodio ha solo una piccola apparizione (ma il suo ruolo crescerà) e fa quella distaccata, una strizzata d’occhio alle voci di un suo presunto complesso di superiorità.«In questi anni mi sono spesso chiesta in che modo Beverly Hills 90210 mi abbia fatto diventare la persona che sono», dice Spelling. «Sono stati dieci anni importantissimi, i più critici e formativi della mia vita». «Ci siamo ritrovati e abbiamo incominciato a parlare di come tutti noi ad un certo punto ci fossimo fusi con i personaggi che interpretavamo: quando reciti un ruolo per dieci anni è quasi impossibile non metterci qualcosa di veramente tuo», aggiunge Garth. Il risultato è quindi un misto di realtà e finzione, di tv verità e di dietro le quinte, di documentario e di pura fiction, il tutto strizzando l’occhio ai fan storici. «In fondo raccontiamo come si sopravvive alla fama degli Anni 90».

Ricordo di Luke Perry
Nel cast riunito manca ovviamente Dylan, il bello maledetto che fece innamorare generazioni di ragazze. Luke Perry è morto il 4 marzo per le conseguenze di un infarto avvenuto il 27 febbraio, giorno dell’annuncio alla stampa di BH 90210. «Non era coinvolto direttamente perché impegnato sul set di Riverdale, ma era al corrente del progetto e ci sosteneva, ci sentivamo spesso al telefono» ricorda Spelling. Nel primo episodio si vede Dylan in macchina insieme a Brandon, su una decappottabile, e il finale di puntata è un’inquadratura stretta sul suo volto. «Ci saranno altri omaggi in altre puntate. Tutta la serie è dedicata a lui: esserci ritrovati insieme nel momento della sua morte ci ha permesso di affrontare meglio il dolore».

Simona Siri, lastampa.it

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