«Io non ho avuto figli e ora che ho 47 anni essere una madre in Stranger Things è stata una significativa esperienza. Joyce Byers che scompare in misteriose circostanze, è autentica in ogni sua emozione», dice Winona Ryder, star negli anni 80-90, due nomination agli Oscar, protagonista di Ragazze interrotte e di tanti altri film di successo. Nel 2001 il clamoroso arresto per furto in un negozio d’abbigliamento. Non è stato facile il ritorno sugli schermi ma ora l’attrice vive un periodo di riscatto con la serie Netflix mentre al cinema è protagonista di una commedia romantica.
Come ha vissuto l’adolescenza?
«Ho avuto un’adolescenza nomade ma serena con i miei due genitori innamoratissimi. Erano e sono ricchi di risorse al di là di chi li definiva “hippie”».
Che cosa le ha dato «Stranger Things»?
«La consapevolezza che i ragazzi di ieri e di oggi devono avere un posto sicuro, una casa dove ritornare, dove parlare e discutere delle loro esistenze».
Lei ha alle spalle una lunga carriera. Una tappa particolarmente significativa?
«Sono un’attrice dal 1986 con vari film entrati nella storia diretti da Coppola, Jarmusch, Tim Burton. Non dimentico certo Ragazze interrotte con Angelina Jolie».
Perché sceglie proprio quel film e non, a esempio, «L’età dell’innocenza» di Scorsese?
«Perché il copione era e resta intenso. Io sono Susanne, una ragazza insicura, con tante fragilità e che si difende dalla realtà scrivendo racconti, rifugiandosi in un mondo immaginario»..
Ha recitato con gli attori più famosi, da Depp a Damon. Chi predilige?
«Ho una particolare affinità con Keanu Reeves e con lui ho preso parte a quattro film. Coppola ingaggiò un vero prete per il nostro matrimonio in Dracula nel 1992. Siamo legati da un’autentica amicizia. Una nostra commedia, Destination Wedding è sugli schermi. Dominano i supereroi e l’animazione, è arduo trovare spazi per storie diverse».
Lei vive a San Francisco. Perché?
«Hollywood mi è sempre parsa insostenibile con i suoi continui tappeti rossi e ora con i troppo tardivi MeToo. Mi piace San Francisco e le atmosfere mi riportano a mio padre che come scrittore ed editore mi ha trasmesso la passione per la letteratura».
Che rapporto ha con i social?
«Mi piace Instagram perché amo l’arte della fotografia. Purtroppo, i social sono anche colpevoli: la società di oggi si nutre di molti luoghi comuni per il loro uso smodato. Nessuno ha un libro in mano per strada, tutti hanno i loro telefonini. Tra poco nessuno saprà più scrivere con una penna».
E’ stato difficile ritrovare un equilibrio dopo i guai con la giustizia?
«E’ stato un lungo percorso, ma per tanti continuo a essere la ragazza che ha nascosto abiti nella sua borsa in un grande magazzino. Non mi libererò mai da questa macchia».
Quali sono, se non lavora, gli impegni delle sue giornate?
«Sto a casa, leggo e rileggo gli autori che prediligo: Saul Bellow, Edith Wharton, Primo Levi, sempre Virginia Woolf. Mi piace guardare i film del passato, ho una ricca cineteca. Mi interessano i documentari e rivedo spesso Glenn Close nella splendida serie Damages. La tv oggi dà molto alle attrici. Sono stata recentemente a New York per girare una fiction politica, The Plot Against America, un adattamento del libro di Philip Roth. In fondo sono e resto una outsider».
Giovanna Grassi, Corriere.it