In teatro non si usa portare il cappello, ma nessuno osa dirlo a Woody Allen mentre parla con gli studenti dell’Accademia della Scala che devono mettere in scena il Gianni Schicchi di Puccini con la sua regia (in dittico con Prima la musica poi le parole di Antonio Salieri per la regia di Grisha Asagaroff). E’ lui stesso a togliersi il berretto da pescatore che è diventato il suo contrassegno distintivo prima di arrivare in conferenza stampa dove è accolto da un applauso dei giornalisti presenti, che sono cresciuti con i suoi film. Il suo fare dimesso quando si siede con accanto l’interprete, non va confuso con quello di un 83enne pronto alla pensione, abbattuto dalle polemiche per il Metoo# che hanno bloccato per un anno l’uscita del suo ultimo film. Tutt’altro. ‘A Rainy Day in New York’ sta per uscire in Europa (in Italia ad ottobre). E quella di Milano è una “pausa” prima di iniziare le riprese del nuovo film in Spagna. Per questo dopo la prima di sabato prossimo, a cui assisterà, volerà a San Sebastian. “Sono un signore che si tiene molto attivo, però mi fa molto piacere prendermi una pausa e venire qui a mettere in scena un’opera in un luogo così iconico”, spiega. In realtà non si tratta di una nuova regia, ma della ripresa dello spettacolo che Allen firmò alla Los Angeles Opera nel 2008 su insistenza di Placido Domingo e che da allora è stato più volte ripreso, incluso a Spoleto. Questa volta però viene realizzato in quello che Allen paragona al “palazzo di Cenerentola”. “Una cosa da favola, da sogno, il più grande teatro d’opera al mondo, il traguardo più ambito al quale arrivare. Quindi se qualcuno mi avesse detto che avrei diretto un giorno un’opera alla Scala mentre magari passeggiavo per New York o per Brooklyn avrei detto che era pura follia, che non avrei neppure pensato di poterla guardare da fuori, figuriamoci lavorarci”. Gianni Schicchi, d’altronde, è l’opera giusta per lui: breve e divertente. Per fare un’altra regia dovrebbe trovare un’opera altrettanto adatta alle sue corde. E quali sono lo dimostra in un breve sketch alla Woody Allen. Quando spiega che inizialmente aveva pensato di ambientare l’opera in un mondo di topi in cui Gianni Schicchi è una pantegana; oppure di rendere tutti i personaggi “cibi sani e Gianni una sigaretta. Ma mi hanno detto che era una pessima idea”, ride. Così l’ambientazione è quella di un film del neorealismo italiano anni ’50. La versione è in tutto uguale a quella di Los Angeles con la differenza del finale (in cui Allen aveva fatto pugnalare Gianni da Zita). “Il finale non lo ripeto. Qui ne faccio un altro – dice – perché quando ho visto il palco con gli studenti mi sono emozionato e ho avuto una nuova idea. Gliel’ho comunicata proprio poco fa e rappresenteremo questa nuova idea, la vedrete la sera della prima!”. A dir poco soddisfatto il sovrintendente Alexander Pereira che sull’Accademia ha sempre puntato, invitando grandi registi e interpreti a lavorare con i ragazzi. In passato artisti del calibro di Peter Stein, Liliana Cavani e Leo Nucci. Questa volta Woody Allen e il baritono Ambrogio Maestri.
Bianca Maria Manfredi, ANSA