Il giornalista premiato al Cinema ritrovato di Bologna per la sua carriera. A gennaio andrà in pensione ma non prima di aver festeggiato il centenario dell’amico Federico
Vincenzo Mollica non ha mai ritirato premi, questa volta fa un’eccezione solo perché a omaggiarlo è la Cineteca di Bologna, l’istituzione che Mollica ama “per il lavoro che fa di salvare il cinema dall’imbecillità che c’è fuori”. È stato il suo amico Federico Fellini a insegnargli che si deve ritirare un premio solo in due occasioni: “quando ti riempiono di soldi e quando sei strangolato emotivamente”, e questo secondo caso è quello che ha spinto Mollica ad accettare il premio alla carriera consegnato dalla Cineteca, una riproduzione in cartapesta del giornalista che regge la luna. Cinema Ritrovato, il festival dell’istituzione bolognese (33esima edizione, 22-30 giugno), è sempre stato un evento “senza premi né tappeti rossi”, ha spiegato il direttore della Cineteca Gian Luca Farinelli, ma per “la parola del cinema nella tv pubblica”, il giornalista del Tg1 capace di “illuminare le storie che racconta”, il discorso cambia totalmente.Ciò non significa comunque che a parlare di sé, l’inconfondibile voce che da oltre trent’anni racconta dal telegiornale Rai non solo di cinema, ma anche di musica, letteratura e fumetti, si senta a suo agio. E non per i problemi di salute, su quello è Mollica stesso a scherzarci su: “se inizio a parlare arriva il momento in cui non so più dove mettere le mani, dove nascondere il Parkinson o la cecità”, ma per una naturale predisposizione a narrare le storie altrui piuttosto che la propria. Ai tanti editori che gli hanno chiesto un libro di memorie, Mollica ha sempre dato la stessa risposta: “Non racconterò mai la mia storia”. Non lo farà neppure adesso, avvicinandosi alla pensione: “il mio ultimo giorno di lavoro sarà il 27 gennaio 2020. L’ultima cosa che farò sarà festeggiare il centenario di Federico Fellini il 20 gennaio 2020, poi la pensione per “raggiunti limiti di età” come si diceva una volta”.
In quarant’anni di interviste e di incontri con le star del cinema e della musica internazionale, qual è stata la chiacchierata più divertente?
“Tutte quelle fatte con Roberto Benigni, con Rosario Fiorello o Adriano Celentano. Sono tante le persone che ho conosciuto, ma uno degli incontri a cui sono più affezionato è quello che organizzai con Fulvia Serra tra Federico Fellini e Schulz, il papà dei Peanuts. Fellini raccontò a Schulz che a Fregene aveva un cagnetto che somigliava perfettamente a Snoopy. Schulz rispose a Fellini che stando affianco a lui si sentiva come quel piccolo imbianchino che dal basso, nella Cappella Sistina, guardava Michelangelo dipingere il Giudizio universale”.
Dagli inizi di carriera con Enzo Biagi al Tg1 di oggi, è cambiato il suo approccio al lavoro?
“No, è sempre lo stesso, l’approccio di chi ama il cinema, la musica, i fumetti, la letteratura e cerca di raccontare le notizie che arrivano da questi mondi. Quando sono arrivato io al Tg1 di queste cose si parlava pochissimo, ho iniziato con servizi sui fumetti, sul cinema indipendente e su come stava cambiando la musica. Mi ricordo i primi lavori con De Andrè, De Gregori e Guccini: sono riuscito a portare le mie passioni all’interno di un telegiornale come il Tg1, un telegiornale istituzionale. E poi sono sempre stato interessato agli artisti come persone, all’umanità che portano con sé. Nella mia vita ho capito che i veri grandi artisti sono sempre semplici, non hanno bisogno di sovrastrutture, di impalcature su cui reggersi perché quello che hanno dentro arriva in maniera diretta. Quello è fare arte”.
Ha detto che non scriverà mai un libro di memorie, qui alla Cineteca di Bologna però è venuto e qualcosa ha raccontato…
“La Cineteca è un’istituzione gloriosa in cui mi sento a casa. Ci vengo volentieri perché trovo un sentimento di accoglienza bellissimo. In una situazione amicale si parla sempre volentieri, se no è meglio stare zitti. In generale chi scrive le proprie memorie, si aggiusta sempre la realtà, sistema la storia di quello che gli è successo a suo favore. Il mio libro Prima che dimentichi tutto sarà un libro di pagine bianche, è la risposta che do agli editori che me lo chiedono”.
Andrea Camilleri è stata una delle persone che più di tutte nell’ultimo periodo l’ha spinta ad andare avanti, cosa direbbe ora lei a lui?
“Forza. Mi sento di dire solo questo e grazie per tutto quello che mi ha dato e insegnato, semplicemente intervistandolo”.
Giulia Echites, repubblica.it