«Scrivo canzoni senza pensare mai come realizzarle, come arrivare a qualcuno, cosa comunicare. Le scrivo e basta. Agisco per agire in maniera idealista, come Fichte o Hegel». La chiacchierata con Tommaso Paradiso, 36 anni il 25 giugno, l’artista che negli ultimi tre anni con Thegiornalisti è diventato uno dei grandi protagonisti della canzone italiana, inizia così. Con lui “spalmato” sulla sedia, una mano sulla barba, l’aria un po’ stanca. A conclusione di un’altra annata straordinaria, il 17 maggio il gruppo capitolino ha pubblicato il singolo Maradona y Pelé, in attesa del concertone che il 7 settembre terrà al Circo Massimo di Roma, prima band italiana a esibirsi in quello spazio. N. B. Paradiso ci tiene alle citazioni colte e si è tanto raccomandato di riportarle tutte, o quasi.
Il successo, quindi, è arrivato per caso?
«Credevamo in noi stessi e abbiamo fatto il primo disco perché quella era la musica che volevamo ascoltare. Poi il destino, o la fortuna, ha voluto che sia piaciuto a tante altre persone».
Oggi come si chiama la musica che fate: indie, pop, indie pop? Il marchio indie va come il pane.
«Non lo so. Non abbiamo mai seguito le mode. Per quanto riguarda l’indie furono i Cani a dettare la linea. Noi quando tutti usavano le chitarre, suonavamo le tastiere Anni ‘80. Abbiamo sempre fatto da soli e siamo sempre andati in studio senza sentire nulla prima».
Che farete al Circo Massimo?
«Ci stiamo pensando. Vorrei ospitare Guido e Maurizio De Angelis, gli Oliver Onions. Li adoro».
Ha annunciato che debutterà come regista e sceneggiatore: che storia ha in mente?
«Una commedia romantica e un po’ malinconica. Ne ho parlato con un produttore, gli è piaciuta, e appena sarà tutto pronto, partirà la produzione. Ci vorrà tempo».
Cast?
«È ancora presto per fare scelte».
L’equivoco piu frequente sul suo conto?
«Non essere sincero e onesto. Adesso va meglio, tanti hanno capito che sono uno semplice, che non bluffo e non me la tiro».
Il pregiudizio che esercita più spesso qual è?
«Ho studiato filosofia e ho imparato a non avere barriere mentali. Ecco perché amo i cinepanettoni e il neorealismo, i cantautori impegnati e Justin Bieber. Sono mondi diversi che mi trasmettono emozioni diverse. E a me non va di fare sempre la solita roba. I Coldplay o i Daft Punk compongono un pezzo super facile e poi un altro da lacrime. Come noi. Basta criticare».
Parlando di critica, e autocritica, l’errore più grande fatto finora qual è stato?
«Essere troppo sincero. Sono come un bambino: basta un bel feeling con una persona che ho appena conosciuto e sbraco. Mi lascio andare troppo. Anche se per me è difficile, devo stare attento, c’è chi se ne approfitta. Il mio manifesto, però, è Completamente… Sono un artista romantico, tipo Hayez, Delacroix, Foscolo».
Addirittura?
«Sì. Come loro sono estremo e butto il cuore oltre l’ostacolo».
L’ultima cosa estrema che ha fatto?
«Scrivere canzoni. Dare la propria intimità agli altri è un gesto estremo».
È tempo di dichiarazione dei redditi: potrebbe fare qualche proposta estrema al commercialista?
«No. Pago tanto ma tutto».
Guadagna quanto un calciatore di Serie A o un dirigente d’azienda?
«Sto bene. Mi sono appena comprato casa».
Dove?
«A Roma, quartiere Parioli. Bellissima».
Ha acceso un mutuo?
«No. Quando le canzoni funzionano si fa senza».
A 40 anni continuerà a scriverne?
«Sì. Vorrei continuare ad emozionarmi e ad emozionare».
Per Antonello Venditti una l’ha scritta o no?
«A metà. Dopo che me l’ha chiesta non l’ho piu sentito, ma vorrei finirla. Lui è uno dei miei idoli».
Quanti no ha detto negli ultimi tempi?
«Tanti. A qualsiasi cosa. Senza pentirmi».
La richiesta più improbabile?
«Dopo 31 palasport e 250 mila biglietti venduti, un concerto in programma al Circo Massimo, c’è ancora chi chiama per chiedermi: “Stiamo organizzando una festa in uno studio di avvocati: venite a suonare? Quanto volete?».
La risposta?
«Il mio manager dice solo: “Ok per un milione di euro…”».
Ha mai sentito dirsi «chi si crede di essere?».
«No. Con il successo non ho sbroccato. Sono quello di sempre».
Dopo le recenti elezioni europee si sente rappresentato?
«No. Sono diverso da chi ha vinto. Gesù Cristo ha sempre messo tutti allo stesso livello».
È cattolico?
«Sì, ma pratico poco. Parlare d’odio può far davvero male. Pericle diceva che i politici non dovrebbero assecondare i cittadini ma avere il coraggio di andare anche contro di loro, per educarli».
Se Pino Daniele cantava “Questa lega è una vergogna” a lei cosa viene da canticchiare?
«Risorgeremo. Le nuvole se ne andranno… Se siamo arrivati a questo punto, comunque, la responsabilità è anche della Sinistra che non ha più saputo parlare con la gente come fa, in maniera sbagliata, la Lega».
Ha conti in sospeso con qualcuno?
«No. Però mi piacerebbe dare una pacca sulla spalla a chi ci ha preso in giro, ci ha rubato i soldi per dischi mai fatti…».
Tanta gente ce l’ha con lei?
«Non credo. Forse qualche musicista che non ce l’ha fatta».
La lista delle rivincite da prendere è lunga?
«Sì, ma non ci penso più. Io sono sotto gli occhi di tutti, anche dei parenti che mi prendevano per il culo: trovati un lavoro… e oggi mi chiedono i biglietti per il concerto».
Suo padre l’ha incontrato?
«No. So chi è ma non l’ho mai conosciuto».
Il primo grazie a chi lo deve?
«Facile. A mia madre. Mi ha sempre aiutato».
Andrea Scarpa, ilmessaggero.it