‘The elevator’, il terrore in ascensore. Un italiano a New York: “Vi angoscio col respiro”

‘The elevator’, il terrore in ascensore. Un italiano a New York: “Vi angoscio col respiro”

Tre minuti per rispondere. Tre minuti che possono cambiare la tua vita. Questo lo slogan che Jack Tramell ripete introducendo Three minutes, un popolare quiz in cui si vincono molti soldi e che ogni settimana tiene incollati milioni di americani davanti alla tv. A 50 anni Jack Tramell è un anchorman single e famoso, non gli manca nulla e sta tornando a casa dopo aver finito di registrare una puntata del suo show che andrà in onda quella stessa sera. Scherza con il fattorino e scambia due battute con il portiere di notte. Ma quando prende l’ascensore per raggiungere il suo appartamento non sa che sta per diventare il concorrente di un quiz in cui c’è in gioco la sua vita.The elevator è un thriller psicologico diretto dal siciliano Massimo Coglitore al suo primo lungometraggio, scritto da Mauro Graiani e Riccardo Irrera, prodotto da Lupin Film, in sala dal 20 giugno distribuito da Europictures. Ambientato in una New York quasi deserta durante il lungo weekend del Labour Day, il film è interpretato da James Parks nel ruolo di Jack Tramell, la donna misteriosa che lo blocca in ascensore è Caroline Goodall mentre il portiere di notte è Burt Young.All’interno dell’ascensore Jack si trova davanti una sconosciuta che lo immobilizza e inizia con lui un gioco al massacro. La donna è disperata e spietata, ha studiato a lungo ogni dettaglio: il sistema di funzionamento dell’ascensore, la pianta dell’edificio, conosce le abitudini di Jack, conosce a memoria il suo show. Ed è proprio il quiz il mezzo della “tortura”. Mentre va in onda sul piccolo schermo, Jack si trova a dover rispondere alle domande della donna “armata” di ferri chirurgici e siringhe che rivela una lunga e meditata sete di vendetta.Niente horror o splatter per spaventare o irritare lo spettatore, spiega il regista. “Niente effetti speciali fini a se stessi, ma un racconto fatto di sguardi, dubbi, vendetta e paura della morte. Il respiro angosciante dei protagonisti dentro l’ascensore è il tappeto sonoro del film. Voglio raccontare un dramma, un’ossessione che sfocia in lucida follia. Quando nella vita ti rimane solo la vendetta, l’odio ti devasta il cervello, non resta nulla se non il gusto sadico della sofferenza altrui”.The elevator si svolge dentro un ascensore in tempo reale che “diventa metafora di vita” prosegue Coglitore. “Pericolo, oscurità e claustrofobia sono gli ingredienti del film. Sul volto di Jack si legge il terrore di stare in quel luogo senza vie di fuga e la trepidazione che, più passa il tempo, più c’è il rischio di non uscirne vivo. La storia procede svelandoci sempre più indizi e, come tutti i thriller, la comprensione totale arriva alla fine. Jack lotta per salvare la propria vita, la donna per togliergliela. Ma alla fine, non ci sarà nessun vincitore”.Nei titoli di testa si legge che è ispirato a una storia vera. “Il film nasce dopo aver visto un documentario realizzato da Lupin Film, H.O.T. Human Organ Traffic di Roberto Orazi in cui si parla di un padre che cerca le cause della morte del figlio e scopre un traffico di organi. Un fatto vero accaduto nel 2009, l’idea degli sceneggiatori è stata quella di ambientare la storia in un ascensore che diventa una sorta di confessionale per portare lo spettatore dentro questa gabbia e non farlo più uscire” conclude il regista, che sta già lavorando al suo secondo film dal titolo The straight path, anche questo prodotto dalla Lupin Film di Riccardo Neri.

Rita Celi, repubblica.it

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