Giovanni Miraldi, in arte Brusco ha dedicato un brano al capitano giallorosso
Calcio e musica sono due forme d’arte, ognuna a suo modo naturalmente, che vanno perfettamente d’accordo e quando si incontrano danno vita ad esplosioni di emozioni difficilmente paragonabili. Giovanni Miraldi, in arte Brusco, questo lo sa bene, il suo reggae rappato “Ancora e Ancora”, che celebrava la Roma scudettata del 2001, è ancora oggi un cimelio che tutti i tifosi giallorossi mantengono nel cuore come uno degli inni dell’ultima notte durante la quale hanno potuto guardare tutto il resto dell’Italia calcistica dall’alto.Daniele De Rossi è l’unico calciatore di quella Roma a non essere mai sceso in campo, nemmeno in Coppa Italia o Coppa Uefa (come si chiamava ancora allora); dovrà aspettare un altro paio di stagioni prima di diventare titolare di quel centrocampo che ieri ha definitivamente lasciato dopo 616 presenze, sommerso dal calore di quella tifoseria che lo ha accompagnato in tutti questi anni. Un addio commovente che non poteva non essere celebrato anche in musica, e a farlo c’ha pensato di nuovo Brusco che è tornato a cantare della sua squadra del cuore e in particolare di Daniele De Rossi, con un brano che si intitola, appunto “Grazie Daniè”.“T’ho visto nasce e cresce co’ me” dice il ritornello, a testimonianza del fatto che l’addio al calcio, perlomeno italiano, di DDR sancisce la fine di un ciclo, di un calcio che ha smarrito le bandiere, di un calcio molto più bello e spettacolare forse, ma che è innegabile abbia perso un po’ della sua poesia. Un addio che segue quello già amaro di Francesco Totti, presenza incancellabile dal cuore dei tifosi romanisti “Totti era un Dio e l’ho venerato – canta infatti Brusco – tu sei il fratello che Dio mi ha dato”, descrivendo alla perfezione così il diverso, ma non meno intenso, rapporto che ha sempre legato De Rossi al popolo romanista, che lo ha sempre visto come un figlioccio di Totti, quindi, essendo Totti padre spirituale di tutti loro, proprio come un fratello.Un fratello sputato (forse troppo in fretta?) da questo nuovo calcio, da una società totalmente diversa, per quanto riguarda certamente stimoli e sensazioni, da quella dei Sensi, quella che ha seminato e visto germogliare poi questo “Daniè”; e anche su questo Brusco non poteva non mettere l’accento “non sono senza cuore come James Pallotta” dice infatti all’inizio del pezzo, come a voler sottolineare che se l’addio di Totti era inevitabile, quello di DDR lo era molto meno.Brusco conclude il brano con un augurio che suona come una certezza “dai che se vedemo presto / e sará come é sempre stato / in uno stadio nuovo o in questo / con te a strillá a bordo prato”, segno che il destino di De Rossi è sempre lì, tra i gladiatori che hanno indossato quella maglia, di quelli impossibili da incastrare in un album dei ricordi destinato alla polvere; quei combattenti che hanno scelto tutti i giorni, come si fa con l’amore della propria vita, quella battaglia, quella maglia, sordo al canto delle sirene di società più vincenti, in Italia e nel mondo, e per questo lasciano un’impronta indelebile sul prato dello stadio Olimpico. Questo fa il calcio, e la commozione che ne deriva quando tutto ciò viene declinato (e bene) in musica è magico. “Grazie Daniè” è un omaggio sentito a un calciatore che come pochi altri rappresenta la tenacia dei romani e, al tempo stesso, il loro eterno romanticismo.
Gabriele Fazio, Agi