Spontaneo e visionario. Il fenomeno Jovanotti spiegato all’Università

Spontaneo e visionario. Il fenomeno Jovanotti spiegato all’Università

I sei atenei milanesi lo «studiano» alla vigilia del tour estivo. «Studio per non essere astratto»

Era fin emozionato, Jovanotti, ieri a metà mattina quando ha debuttato sull’unico palco che forse non conosceva: quello di un’aula magna universitaria.Signore e signori, qui si spiega il jovanottismo. Università Statale di Milano: in platea, professori e studenti di tutti e sei gli atenei milanesi (Politecnico, Statale, Bicocca, Bocconi, Cattolica e Iulm) che per la prima volta si sono ritrovati con un unico obiettivo, ossia lo «studio» di questo artista e del Jova Beach Party che partirà il 6 luglio da Lignano passando per diciassette spiagge italiane. Obiettivo: divertimento e ambiente, nel senso che dopo la festa le spiagge saranno più pulite di prima: «Ballare e cantare con la gente che ha i piedi nell’acqua», come ha riassunto lui spumeggiante come al solito.Poi ha fatto lo sparring partner dei professori che parlavano di lui, intervenendo tra uno e l’altro, facendo battute («Sono andato a cercarmi sul dizionario che cosa volesse dire il termine protruso usato prima da un professore») e provando a dare qui e là qualche contorno in più di questo tour estivo che è obiettivamente inedito: «È qualcosa di nuovo che non è mai stato fatto prima. Il mio set principale è al tramonto, però la musica inizierà al pomeriggio e ci saranno 61 ospiti (finora) da 23 paesi: Africa, Sudamerica, Balcani, Europa». In pratica sarà un festival itinerante con quella obiettiva dimensione internazionale di cui spesso lamentiamo la mancanza.Parlandone, Lorenzo Jovanotti Cherubini ha ovviamente diffuso il suo entusiasmo, si è perso in iperboli, ha enfatizzato il suo lato migliore: la capacità di suscitare convinzioni. Ad esempio, i ragazzi lo seguono convinti quando dice che «oggi si parla tanto di talento ma il talento non è tutto, l’importante è la vocazione, la chiamata. Sentirsi chiamati da qualcosa è fondamentale per poi poter puntare sul talento». E senza dubbio è stato più coinvolgente di molti professori, nonostante «io abbia preso il treno del lavoro a 18 anni, mi ero appena iscritto all’Università ma non ho mai dato neanche un esame». Insomma, mentre lui parlava del suo Jova Beach Party «che esce dalla categoria convenzionale dei concerti», i professori parlavano di lui. Spesso con definizioni spericolate. Andrea Borghini, professore di Filosofia dell’Università degli Studi, si è dilungato sulla «semeiotica della spiaggia» (addirittura) tornando poi a bomba su di una vecchia autodefinizione di Jovanotti come «50 per cento contenuto e 50 per cento movimento». Il professore di Marketing dello Iulm, Francesco Massara, ha identificato così il brand Jovanotti: spontaneità, concretezza, prossimità, relazionalità. Poi, per aggiungere altre cifre, ha addirittura distillato le 200 canzoni del suo repertorio per concludere che «il 37,5 per cento di sostantivi, il 37,5 di verbi, il 15 di aggettivi e il 15 di avverbi». «Neanche io avevo mai fatto questo calcolo, ma ne sono soddisfatto perché par di capire che il mio sia un linguaggio concreto. Una volta, nella stanzetta dove scrivevo i miei testi, avevo appeso un mio ritratto con sotto la scritta non essere astratto!», ha risposto Jova. E se Valentina Perissinotto della Bocconi ha ricordato che ieri era lo «Overshoot day del 2019, ossia il giorno in cui l’Italia ha esaurito le risorse sostenibili dell’anno, nonostante manchino più di sei mesi alla fine, Paolo Galli della Bicocca ha addirittura che «io e il mio gruppo di ricerca abbiamo chiamato una manta Jova che ha il suo Manta Jova Point a 5 km dal nostro punto di ricerca alle Maldive». «Mi tatuo la manta sul braccio, ho uno spazio apposta», ha scherzato «l’oggetto di studio». Poi Marco Taisch del Politecnico ha declinato il jovanottismo dal punto di vista dell’«operations management e infine Fausto Colombo della Cattolica ha notato come molti luoghi come Woodstock o Venezia con i Pink Floyd non erano «spazi per concerti» ma sono diventati teatri di eventi storici. Alla fine, un bel pacchetto di mischia per centinaia di ragazzi che, a dirla tutta, sono stati talmente tanto attenti da far dire a Jovanotti che «siete bravi, a me non capitava di stare seduto per ore almeno da quarant’anni, diciamo dalle elementari». In fondo il jovanottismo è anche questo.

Paolo Giordano, ilgiornale.it

 

 

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