Forse il romanzo più disperato del re dell’horror. In attesa della seconda parte di “It” a settembre
«Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». (Luca, 24, 36-39)».Non si torna uguali a prima dal regno dei morti. Fa un certo effetto vedere la nuova versione di “Pet Sematary”, uno dei romanzi più inquietanti e affascinanti di Stephen King, subito dopo Pasqua: anche Gesù, quando appare ai suoi discepoli dopo essere risorto dai morti è diverso, e all’inizio incute paura, viene scambiato per un fantasma, come si vede dal brano del Vangelo di Luca citato. Certo non è un revenant malvagio come uno zombi, o un vampiro, o un fantasma (lo stesso Gesù lo specifica), ma è comunque differente dal Gesù prima della morte, e i discepoli lo percepiscono subito.Pubblicato nel 1983, “Pet Sematary” è una riflessione sulla morte, fra la teologia e la tragedia greca. Il medico Louis Creed si è trasferito a Ludlow, Maine, in una grande casa vicino a un cimitero degli animali (il “pet sematary” del titolo, scritto con errori di ortografia, sematary invece di cemetery) con la moglie Rachel, i figli Ellie (sei anni) e Gage (due) e il gatto Winston “Chrch” Churchill. Ma, come gli spiega il vecchio Jud Crandall, dopo quel cimitero c’è un luogo più antico, conosciuto dagli indiani Micmac: chi viene sepolto in quel luogo durante la notte torna in vita. Lo studente Victor Pascow, morto in un incidente stradale (vicino alla casa di Louis c’è una superstrada dove i tir della ditta Orinco sfrecciano veloci) lo avvisa di non risvegliare i morti, ma quando il gatto Church muore, Jud porta il medico con la salma del gatto al cimitero dei Micmac. Church torna, ma non è più lo stesso, è aggressivo, fa paura.Muore Gage, investito da un camion della Orinco e Louis, anche se Crandall lo dissuade, seppellisce anche lui nel cimitero dei Micmac. Il redivivo Gage è un piccolo mostro assetato di sangue, si innesca una spirale che porta anche alla morte di Jud e di Rachel. Dopo aver ucciso di nuovo il gatto e il figlio, Louis, incapace di imparare dai propri errori, seppellisce anche Rachel nel luogo maledetto. Il finale è ambiguo: lei arriva e lo chiama «Caro», forse non è una ritornante assassina come Gage. Forse. Ellie resta comunque in vita, al sicuro a Boston dai nonni: King anni dopo scriverà che dal punto di vista narrativo averla risparmiata senza chiudere il cerchio è un errore ma scrivendo gli sembrava giusto così, erano stati i personaggi stessi a comunicargli il proprio destino.“Pet Sematary” è fra i (tanti) romanzi dove King trascende il genere horror, mostrandosi grande scrittore tout court. I morti devono restare morti, dice l’autore, Louis commette quello che i romani chiamavano nefas, un atto sacrilego.Solo gli esseri divini possono tornare dalla morte, non a caso nel Vangelo di Giovanni Tommaso, che non credeva al racconto degli altri apostoli che avevano visto Gesù risorto, quando finalmente questi gli appare esclama «Mio Signore e mio Dio», è il primo a chiamarlo “Dio”.Il romanzo esce in America due mesi dopo il film “Zeder” di Pupi Avati in Italia, dove c’è un terreno che riporta in vita i morti. Dati i tempi cinematografici ed editoriali, tendiamo a pensare che si tratti di una coincidenza, del resto le storie sono comunque molto diverse. Nel 1989 esce il film di Mary Lambert tratto dal romanzo (in italiano intitolato “Cimitero vivente”) con King in cameo (fa il prete a un funerale): pur se con i limiti di un horror molto anni Ottanta senza particolari guizzi è piuttosto fedele al romanzo e nel finale (molto più esplicito rispetto a quello del romanzo) la regista cita probabilmente “Zeder”, uscito in America nel 1984.Dal 9 maggio è al cinema la nuova versione del libro (per l’occasione ristampato, da Sperling & Kupfer, editore di King dagli anni Ottanta, con la locandina del film in copertina), diretta da Jeff Buhler e David Kajganich e interpretata da Jason Clarke (Louis Creed), Amy Seimetz (Rachel), Jeté Laurence (Ellie) e John Lithgow (Jud Crandall).Fino alla morte di Gage i due registi seguono abbastanza fedelmente (ma con non troppa convinzione) il romanzo, poi se ne distaccano totalmente. Muore Ellie (che qui ha nove anni, non sei), non Gage e torna come revenant loquace, inquietante e assassina. Non c’è il tema del nefas nel risvegliare i morti, ma invece il tocco molto contemporaneo di rivincita del Femminile sul Maschile (Ellie attacca Jud e poi il padre). Come è contemporaneo l’uso della paura, in scene spesso fine a se stesse e i personaggi soprannaturali (in primis Ellie in versione revenant) sono troppo stilosi, come supereroi.Abbastanza surreale è poi aver collocato la superstrada molto trafficata davvero troppo vicina alla casa dei Creed a pochi metri da un fitto bosco: e ci si chiede quanto guadagnino gli avvocati della Orinco visto l’azienda deve essere sommersa di cause (i suoi camionisti non fanno che investire gente). Tradire non è sempre negativo: fra gli adattamenti kinghiani uno dei migliori è quello di “Shining di Stanley Kubrick, bellissimo e infedele, mentre quelli dell’amico dello scrittore Mick Garris sono in genere piuttosto mediocri; ma questo “Pet Sematary” è un passabile horror che tradisce male King, il libro avrebbe meritato una riflessione più autoriale, magari girata da un regista non horror come lo era Kubrick.Un altro adattamento infedele (seppure in modo diverso) è quello di “It” di Andy Muschietti, diviso in due film (uno nel passato e l’altro nel presente), postdatando l’azione: il romanzo è del 1986, nel primo film siamo invece negli anni Ottanta, uscito nel 2017, non nei Cinquanta, nel prossimo, previsto per settembre, in epoca attuale dove i ragazzini “Perdenti” ormai quarantenni, tornano ad affrontare l’essere oscuro It. Il trailer, piuttosto terrorizzante, è uscito in contemporanea con “Pet Sematary”.Riallacciandosi a “Stranger Things”, la serie Netflix ambientata negli anni Ottanta a sua volta influenzata da Stephen King, il primo film ha avuto grande successo anche se molti fan hanno criticato l’operazione. D’altra parte, come Bogart e la Bergman in “Casablanca” avranno sempre Parigi, i Fedeli Lettori (così King chiama i suoi appassionati) avranno sempre i romanzi. E nel caso di “Pet Sematary” il film, seppure infedele, può spingere gli spettatori a leggere il romanzo, spingendosi in quella che la Bibbia chiama «la valle dell’Ombra della Morte».
Stefano Priarone, lastampa.it