Callas e Pasolini a 50 anni da ‘Medea’

Callas e Pasolini a 50 anni da ‘Medea’

2 aprile 80 anni da debutto della cantante e 70 da primo trionfo

E’ il due aprile del 1939, esattamente 80 anni fa, quando sul palcoscenico del Teatro Olympia di Atene debutta sedicenne nel suo primo ruolo, la Santuzza di ”Cavalleria rusticana”, Mariana Kalogeropoulos che diverrà celeberrima col nome di Maria Callas e tre decenni dopo sarà la protagonista del film ”Medea” di Pier Paolo Pasolini che arriva nelle sale il 27 dicembre del 1969, giusto quindi 50 anni fa. Fu l’ultima sua interpretazione, risalendo al 1965 le sue precedenti comparse da protagonista a Londra e Parigi in ”Norma” e ”Tosca”, cui poi seguirono solo i concerti del tour in cui duettava con Giuseppe di Stefano nel 1973 e ’74. La Divina morirà a Parigi il 16 settembre 1977. La sua insegnante di allora, Elvira De Hiadlgo, soprano d’agilità del bel canto, parlava di ”qualità interpretative impressionanti” e di ”sguardo e mani magiche e comunicative”. Poi arriva la guerra e bisogna aspettare il 1945 perché possa torna in America, dove è nata e vive la famiglia, quindi nel ’47, in Italia, dove avrà alcuni incontri fondamentali: oltre a Giovan Battista Meneghini che poi diverrà suo marito, il cantante Rossi Lemeni e soprattutto il direttore Tullio Serafin che la guiderà e le proporrà nel ’49 di debuttare come Elvira nei ”Puritani” cui, con la sua voce scura, diede potenti accenti tragici a contrasto con la tradizionale evanescenza e fragilità che avevano sempre dato al personaggio soprani leggeri. Fu 70 anni fa giusti il suo primo, vero, personale trionfo. Quando nel 1969 si ritroverà quasi a sorpresa e dopo molti dubbi sul set di ”Medea” lei è al culmine della sua popolarità, è la Divina e personaggio da rotocalco che è stata abbandonata dal compagno e grande amore Aristotele Onassis, che sposa a breve Jacqueline Kennedy. A interpellarla e convincerla a accettare la parte proposta da Pasolini è il suo amico Renzo Rossellini che si fece garante della qualità del suo ruolo, dopo che la cantante era rimasta sconcertata negativamente dal crudo linguaggio e l’ideologia del film precedente del poeta, ”Teorema”. In un suo momento di fragilità, Pasolini paziente la convince col suo fascino intellettuale e la conquista col suo carattere mite, introducendola in un mondo assai diverso e vivo rispetto a quella della lirica. Le attenzioni e la sensibilità del poeta omosessuale lei le scambiò per amore, restandone conquistata e dando luogo a una serie di equivoci e disillusioni. Il film si gira in Cappadocia, Aleppo, Pisa e Grado, oltre che negli studi di Cinecittà, e la cantante volle avere un trucco coprente, che sperava le ringiovanisse il viso, così che il costumista Piero Tosi dovette faticare perché quell’aura arcaica della Callas restasse viva come serviva a Pasolini. Medea, regina barbara, aiuta Giasone a conquistare il vello d’oro e poi lo segue nella sua città dove, straniera, viene disprezzata per la sua diversità e da lui abbandonata, così che mette in atto una tremenda vendetta, che culmina nell’uccisione dei loro figli, quindi fugge all’ira del padre su un carro alato mandatole dal Sole. Pasolini la fa invece morire suicida in un rogo, in questa versione più realistica e in cui mette a contrasto la civiltà primitiva e agricola di lei con quella urbana di Giasone, sottolineando, con questa storia che definisce ”mescolanza un po’ mostruosa di un racconto filosofico e un intrigo d’amore”, il tema a lui caro del passaggio da un mondo arcaico religioso e metafisico a uno laicamente pragmatico. La Callas diede tutta se stessa a Medea e al film e alla fine, se Morando Morandini ha delle perplessità sulla sua recitazione, Leo Pestelli scrive: ”il suo magistero di tragediante lirica e l’amore della scena succhiato col latte nella terra che di quella scena fu culla, hanno trovato in questa mirabile Medea, così nodosa ed ellittica, tuttavia spianata, solenne e simile a una divinità tellurica, un esito artisticamente felice”. Il film comunque non ebbe successo, non le aprì una carriera cinematografica dopo la decadenza e le difficoltà della sua voce, mentre sarebbero presto arrivati gli anni dolorosi della morte del padre, poi dell’amico e maestro Serafin, quindi di Onassis e Pasolini stesso, infine di un altro maestro e amico, Luchino Visconti, così forse da farla sentire orfana di tutto un mondo, e farla chiudere nella solitudine parigina che l’avrebbe portata alla fine, a soli 54 anni.

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