La nipote di Elisabetta II ha voluto portare il marito in un posto speciale, per il suo «debutto» da membro della royal family. Scortata anche da papà Andrea, ha scelto il Royal National Orthopaedic Hospital. Lì, quando aveva solo 11 anni, si è sottoposta all’importante intervento chirurgico che ha corretto la sua scoliosi
Eugenie di York ha voluto portare Jack Brooksbank in un posto speciale per la sua prima uscita da «reale». La principessa, oltre che dal marito, si è fatta accompagnare da papà Andrea. La meta? I tre hanno partecipato all’inaugurazione dello Stanmore Building al Royal National Orthopaedic Hospital, un luogo davvero molto importante per Eugenie. Lì, quando era solo una ragazzina, la nipote della regina Elisabetta II si è sottoposta all’importante intervento chirurgico che ha corretto la sua scoliosi.
Il terzetto ha fatto un giro completo dell’edificio da oltre 50 milioni di sterline, e ha potuto osservare anche il robot all’avanguardia chiamato Pepper, a disposizione dei pazienti. Il robot, che circola nel reparto bambini, è in grado di conversare, emozionarsi e giocare. La principessa ha potuto incontrare alcuni pazienti.
La 28enne, che è andata a nozze lo scorso 12 ottobre a Windsor, non ha voluto indossare il velo per un motivo preciso. Il suo bellissimo abito, scollato sulla schiena, doveva mostrare al mondo la sua cicatrice, segno di quell’operazione. «Mi sono resa conto che quello che per me era stato un trauma poteva essere d’aiuto agli altri», ha raccontato al Daily Telegraph dopo il matrimonio.
L’intervento, ha dichiarato più volte, le ha cambiato la vita. Eugenie si è sentita a lungo «arrabbiata» e «vuota», ma negli anni ha imparato ad accettare quella «visibile differenza», scegliendo di mostrarla nel suo giorno più importante, quello in cui mai come prima avrebbe avuto gli occhi del mondo addosso. A 11 anni, però, era tutto diverso. Eugenie dopo le otto ore in sala operatoria ha trascorso lunghi mesi di convalescenza: «C’erano così tante emozioni e preoccupazioni che mi rimbombavano in testa: “Potrò fare ancora sport, o avrò lo stesso aspetto, o perderò tantissime ore di scuola e resterò indietro?” Ricordo di essere stata molto arrabbiata per non essere in grado di correre e di giocare».
Di quel periodo la principessa, oggi madrina del Royal National Orthopaedic Hospital, ricorda ancora: «Facevo di tutto per nascondere la mia cicatrice, ho dovuto lavorare a lungo prima di mostrarla al mondo. Adesso credo che le cicatrici siano come ricordi che raccontano una storia sul tuo corpo, ti ricordano quanto sei stata forte e che sei sopravvissuta».
Stefania Saltalamacchia, Vanity Fair