L’Italia è una Repubblica fondata sulla spintarella? «La raccomandazione è sempre esistita, ma forse negli ultimi anni è addirittura aumentata». Parola di Luca Zingaretti che si trasforma in barone universitario con un nuovo look che a seconda dei gusti politici, letterari o religiosi lo avvicina a Lenin, a Pirandello oppure a Sant’Antonio. Tuttoapposto è il primo film dell’attore palermitano Roberto Lipari, che vede protagonisti lo stesso Lipari e Zingaretti. Roberto è uno studente universitario in un ateneo in cui i docenti sono degli impuniti: vendono esami, assumono solo amici e parenti, ragionano unicamente con la logica del «chi ti manda», sotto la regia e con la collusione del poco magnifico rettore (Zingaretti) che tra l’altro è il padre di Roberto. Il figlio, Edipo che uccide metaforicamente il padre, stufo di essere immerso in un mondo da prima Repubblica («a fra’ che te serve?» era lo slogan di reciproco aiuto), decide di combattere l’andazzo vigente, inventando con i suoi amici un’app per smartphone (chiamata Tuttapposto) che valuta l’operato dei professori. Il TripAdvisor degli studenti sovverte le gerarchie e l’ordine costituito: sono gli universitari a dare voti e like ai professori. È la rivoluzione dal basso, la presa della Bastiglia accademica, gli studenti acquisiscono un potere inaspettato e i docenti sono costretti a comportarsi onestamente pur di ottenere un buon punteggio sotto la minaccia di un’ispezione ministeriale.
Riflette Zingaretti: «Personaggi come il rettore che interpreto non dovrebbero esistere in generale nella nostra società, ma soprattutto nel mondo dell’istruzione che dovrebbe essere un modello e un esempio, perché la scuola è il luogo dove si formano gli uomini di domani». L’attore allarga il ragionamento: «I giovani devono cambiare questa società, il futuro è nelle loro mani: spero che riescano a fare meglio di noi che avevamo sogni e illusioni, progetti e ideali che non si sono realizzati». Zingaretti si è prestato alla commedia, una cifra che non pratica abitualmente: «Anche se il comico non è il mio genere, in questo caso sono stato conquistato da una sceneggiatura intelligente: Tuttoapposto è un film molto ben scritto, molto garbato ma nello stesso tempo graffiante. È una metafora sul mondo in cui stiamo vivendo, sulla corruzione che ci circonda, una satira anche feroce su certi tipi di malcostume». La ricetta per uscire dal vizio della raccomandazione? «Non saprei quale potrebbe essere la cura. Siamo un popolo fatto così: l’unica è sperare in generazioni più probe».
Tuttoapposto, prodotto da Tramp Limited (società che fa capo a Ficarra e Picone) e diretto da Gianni Costantino, sarà distribuito da Medusa in autunno. Nel cast anche Monica Guerritore, Ninni Bruschetta, Sergio Friscia. Il film si gira nel Palazzo degli Elefanti di Catania, sede del Comune, perché sarebbe stato difficile trovare una vera università che si prestasse a essere messa in una luce così negativa. Pure la città — Borbona Sicula — è di fantasia perché non si sa mai. Stucchi, lampadari, dipinti e affreschi contribuiscono a dare quell’atmosfera da Gattopardo dove i baroni agiscono impuniti e strafottenti. Un contesto opaco che ricorda quanto accade troppo spesso nella realtà. Se il baronato è una piaga, la soluzione — anche se siamo in una commedia — però rischia di essere altrettanto poco trasparente: chi non sa inizia a giudicare chi sa, chi deve imparare valuta chi è già istruito, allegoria dell’attuale scontro tra popolo ed élite. «È il paradosso della Fattoria degli animali — riflette Lipari —: è possibile che le cose migliorino, ma non è detto che ci si comporti meglio di prima. Il film non vuole dire come dovrebbero andare la cose, ma avverte che non è impossibile cambiarle. È una commedia giocata anche sul conflitto generazionale, io ho 28 anni e credo che le cose possano cambiare, racconto di una generazione che reagisce, che vuole migliorare le cose. Magari è un rischio affidare il giudizio agli studenti, ma almeno è un tentativo».
Renato Franco, Corriere.it