Negli anni 80 con Chicco, il più sveglio dei Ragazzi della III C, si è guadagnato lo status di cult di un decennio. Oggi Fabio Ferrari ha 59 anni, fa ancora l’attore e ai Lunatici, a Rai Radio2, ha raccontato i lati segreti della sua carriera e della sua vita, anche quelli più dolorosi a cominciare dalla droga.
“Io icona degli anni ’80? Non mi arrabbio, anzi è un orgoglio, un piacere, Chicco, il ruolo fatto con I Ragazzi della Terza C, ormai è un mio amico. E sono molto legato anche a Pappola, ruolo interpretato in Vacanze in America. Quello è stato il mio esordio al cinema, non avevo mai girato nulla. È stato un caso che io abbia fatto quel personaggio, avrei dovuto interpretare un ruolo più piccolo e diverso, un attore si sentì male in America e io presi il suo posto. Per me fu una grande occasione, mi ha portato bene. Non ci rendevamo conto che stavamo partecipando a un film che sarebbe diventato un cult. Anche quando l’ho visto al cinema per la prima volta non ho avuto questa sensazione. Non avevo compreso che sarebbe diventato un film di culto”.
“Interpretare Chicco – ha continuato – è stato un’arma a doppio taglio. Oggi può capitare che mi fermino per strada e mi dicano Ciao Chicco ti ho visto nel film di Pupi Avati. Diciamo che un po’ l’ho patito, ma alla fine mi ci sono abituato. È stato un periodo felice, di grande divertimento. Con alcuni dei ragazzi della Terza C siamo rimasti in contatto”. A fine anni 80, però, iniziano i suoi problemi legati alla tossicodipendenza: “Non è vero che ci si droga perché si sta male. Non ho mai visto un depresso che ricorre alla droga. Ho visto persone che vanno in depressione dopo averla usata. È una cosa ben diversa. Per me si usano gli stupefacenti, parlo di quelli di una volta che purtroppo ora sta tornando, quando uno sta bene, è contento, pensa che tutto sia un gioco, pensa che possa fare tutto e che ogni cosa resti sotto controllo. Invece non è così e alla fine ci rimani sotto. Mi sono reso conto di essere diventato dipendente in modo abbastanza rapido, è durato tutto due o tre anni. Poi mi sono accorto che facevo solo quello. Quindi mi sono ritrovato a scegliere tra il vivere e il morire. Ho deciso che volevo vivere e in un periodo abbastanza breve, grazie a una grande forza di volontà, ne sono uscito”.
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