Sabato 22 gennaio 2005 ero in una saletta riservata di un grande albergo nel centro di Milano assieme ad altri giornalisti e dirigenti Mediaset: si trasmetteva per la prima volta, in pay per view (costo: 3 euro), un contenuto sportivo sulla neonata piattaforma Premium, ideata per contrastare Sky con offerte a basso prezzo e utilizzando il digitale terrestre, tecnologia più semplice, disponibile e immediata rispetto al satellite. Partitaccia dell’Inter, tanto per cambiare, e squallido 1-1 casalingo con il Chievo.
Dopo 16 anni di onorato servizio, nel 2020 la Premium di Mediaset, in base a stime intercettate da ItaliaOggi, dovrebbe chiudere definitivamente i battenti. Archiviando centinaia di milioni di perdite, ma, avendo svolto anche un fondamentale lavoro di contenimento dell’avanzata Sky, che è poi servito agli obiettivi Mediaset in una visione più ampia.
Lo scorso 15 febbraio l’Agcom ha dato l’ok all’acquisto, da parte di Sky, della società R2, dove Mediaset aveva conferito la cosiddetta piattaforma tecnologica di Premium, le operations.
Operations che, ovviamente, quando si decide di uscire dal business della pay tv, non servono più perché non c’è più nulla da gestire.
E dal 15 febbraio il conto alla rovescia per Premium ha iniziato a scorrere più velocemente. Già nell’agosto 2018 erano stati chiusi i canali di Premium Sport e Calcio. Poi, il 1° gennaio 2019, è toccato a Studio Universal. Da domani, 28 febbraio, spariscono da Premium pure i due canali di Eurosport e il canale ID-Investigation Discovery, tutti e tre di Discovery Italia. I contratti sarebbero scaduti nell’estate 2019, ma le parti hanno preferito anticipare la rescissione. Mediaset si libera dell’ultimo editore terzo sulla piattaforma, e potrà quindi operare più a cuor leggero negli ultimi mesi di vita di Premium. Che, comunque, anche in questa stagione crepuscolare, pur senza alcuna pubblicità o promozione commerciale, ha conservato centinaia di migliaia di abbonati all’offerta sul digitale terrestre.
Abbonati che hanno assicurato buoni ricavi per una iniziativa ormai agli sgoccioli. Dopo gli 1,5 milioni di abbonati nella primavera del 2018, i clienti di Premium sono rimasti a quote interessanti nell’autunno, con 800 mila contratti ancora attivi nonostante la mancanza del calcio e con un’aria di smobilitazione già palese.
Verso Natale si era scesi a 600 mila, ora siamo sotto quota 500 mila. Non verranno rinnovati i contratti di esclusiva con gli studios Warner e Universal. Perciò, senza serie tv o film di qualità in esclusiva e senza canali di terzi, potrebbe anche essere che il tasso di abbandono dei clienti Premium subisca una impennata. Esiste una soglia di abbonati sotto la quale il giochino della pay tv diventa anti-economico. E, in base alle proiezioni del momento, sarà raggiunta nel 2020. Fino ad allora, ovviamente, Mediaset andrà avanti, continuando a incassare ricavi aggiuntivi dagli abbonati. Per una iniziativa Premium che, nella stagione 2018-2019, produrrà per la prima volta, paradossalmente, dei discreti utili, tenuto conto dei bassissimi costi di funzionamento.
Quando poi si chiuderà la avventura di Premium sul digitale terrestre, i brand di Premium, Premium on line e Infinity andranno comunque avanti sull’online, ovvero su tutte le smart tv, in base alla famosa trasformazione digitale di Mediaset. E quindi, tenuto conto che col passare degli anni buona parte del parco tv installato sarà smart, si potrebbe anche dire che la chiusura di Premium sul digitale terrestre sarà indolore. Ma per gli uomini e le donne di Cologno Monzese, che a quel progetto hanno lavorato e creduto, non sarà così. Da quel progetto, appena tre anni fa, tra i diritti strapagati della Champions league e l’alleanza con Vivendi, sembrava infatti passare il destino di tutta Mediaset.
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi