Nella notte il film con Viggo Mortensen e Mahershala Ali ha vinto i PGA (Producers Guild of America Awards). Storicamente (con alcune eccezioni) chi vince questo premio si candida all’Academy Award
Eccezioni ci sono state come nell’anno di La La Land (poi vinse Moonlight) eppure tradizionalmente la corrispondenza c’è. Il titolo che si aggiudica il premio come miglior film ai Producers Guild of America Awards vince l’Oscar e quest’anno l’onore è toccato a Green Book, il film di Peter Farrelly in arrivo nelle nostre sale il 31 gennaio. Il film racconta la storia della vera amicizia tra un autista ex buttafuori italoamericano Tony Vallelonga e un virtuoso del piano afroamericano, Doc Shirley negli Stati Uniti razzisti degli anni Sessanta. Tony Vallelonga è Viggo Mortensen, Doc Shirley è Mahershala Ali, il Green Book del titolo è The Negro Motorist Green Book, la guida che per trent’anni segnalava alle persone di colore alberghi e ristoranti dove erano accettati, estrema forma di discriminazione autorizzata cammuffata per pubblicazione di cortesia, una lista di posti (qualcuno decente, molti sotto il livello della decenza) dove le ‘black people’ non avrebbero avuto problemi. Nonostante l’iniziale titubanza dovuta ai suoi pregiudizi nei confronti degli afroamericani, Tony parte per una tournée negli Stati del Sud dove assisterà a ben altre forme di razzismo e, lungo la strada, entrambi finiranno per cambiare la propria visione l’uno dell’altro. Tratto “dalla vera amicizia” tra Tony Vallelonga (il cui figlio, Nick, firma la sceneggiatura) e il musicista giamaicano Don Shirley, il film mette insieme due classici del cinema: l'”on the road” tradizionale e l’incontro della strana coppia, ma è soprattutto un film su un passato recente che parla dell’oggi. “Come è noto il Green Book smise di essere pubblicato nel 1966 due anni dopo il Civil Right Act, e come è facile comprendere questo film mostrato a degli studenti al posto di una lezione di storia, rende chiara la risposta alla domanda: ‘perché è stato emanato quell’atto?’ – dice Mortensen – Vedendo il film si capisce immediatamente perché si è reso necessario. È un film ambientato nel passato, un passato che ben conosciamo con le sue discriminazioni razziali, è noto che allora il razzismo nei confronti degli afroamericani era istituzionalizzato. È utile raccontare come eravamo ieri per parlare di oggi. Non è un film ideologico che ti dice cosa pensare, racconta una storia: due uomini in viaggio, una macchina, tutto qui. Ognuno alla fine può farsi la sua idea”. Sconfitti gli altri titoli che ambiscono all’Oscar e che, con molta probabilità, troveremo martedì nella lista delle nomination: Roma di Alfonso Cuaron, A Star Is Born con Lady Gaga e Bradley Cooper, il film fenomeno Black Panthere l’exploit di fine anno Bohemian Rhapsody senza dimenticare BlacKkKlansman di Spike Lee, Crazy Rich Asians (caso al botteghino negli Stati Uniti), La favorita, A Quiet Place e Vice su Dick Cheney.
Chiara Ugolini, La Repubblica