Due leoni s’intravedono all’orizzonte. Ma, prima del live action Disney del classico del 1994, il 17 gennaio arriverà ‘Mia e il leone bianco’, tra documentario e fiction. Con un felino in carne e ossa che “recita” accanto a una bambina come farebbe un padre con una figlia, senza effetti speciali
Qualche mese prima del ‘re’ Disney arriverà sul grande schermo un altro leone, che non ha sangue blu ma che è venerato dal suo popolo, gli abitanti della riserva di Timbavati, in Sudafrica, proprio come una creatura speciale, quasi divina: il leone bianco. Charlie è il felino, vero e in carne e ossa, ovvero non ricostruito con l’aiuto della computer grafica come quello del remake del classico Disney, Il re leone, in uscita il 21 agosto 2019, protagonista della storia per famiglie Mia e il leone bianco. Diretta dal documentarista Gilles de Maistre, con Mélanie Laurent e la giovane Daniah De Villiers, il film arriverà in sala dal 17 gennaio.La storia speciale di questo animale raro inizia come una fiaba raccontando il legame fortissimo che si instaura tra Charlie e Mia, travolta dal cambiamento di vita dei suoi genitori, Alice (Mélanie Laurent) e John (Langley Kirkwood), che hanno scelto di trasferirsi da Londra al Sudafrica, portando i figli (oltre a Mia c’è Mick, di qualche mese più grande) via dalla scuola, dalle amicizie e dalle abitudini. Nel cucciolo di leone bianco dagli occhi trasparenti, che Mia abbraccia per la prima volta appena nato, quando le dimensioni dell’animale sono poco più grandi di quelle di un micio, la bambina trova il conforto e l’affetto che fa fatica a trovare nella nuova città, con i nuovi compagni. Quando Charlie cresce però le cose cambiano; preoccupato per la vita di Mia, il padre decide di vendere il leone ai cacciatori, placandosi la coscienza col pensiero che, da sempre, in Sudafrica “è così che vanno le cose”. La ragazzina, ormai adolescente, tenta allora un’impresa per salvare la vita del suo grande amico. Il film, iniziato come una fiaba, diventa quindi una storia forte, quasi documentaristica e di denuncia contro la pratica della ‘caccia in gabbia’ dei leoni.Relizzato senza alcun effetto speciale, Mia e il leone bianco è la testimonianza di un modo di fare cinema diverso: la ragazzina che interpreta Mia (Daniah De Villiers) e il cucciolo di leone sono cresciuti davvero insieme, giocando, saltando uno addosso all’altro finché lei non diventa un’adolescente di 14 anni e Charlie un gigante di 250 chili. Per girare il film ci sono voluti tre anni, Gilles de Maistre, il regista, ha fatto squadra con Kevin Richardson, zoologo conosciuto come ‘l’uomo che sussurrava ai leoni’ nel Wildlife Sanctuary che porta il suo nome, la riserva naturale dove Thor (vero nome di Charlie) vive col suo branco. “Ho detto a Gilles che per realizzare il film ci sarebbe voluto molto tempo, per ottenere l’autenticità – racconta Richardson in una clip in cui si svela il ‘making of’ del film – L’addestramento è stato molto impegnativo: per tre anni facevamo incontri tre volte a settimana, due o tre ore ogni volta”.Daniah De Villiers è stata scelta dopo che il casting director del film ha visto interagire almeno 300 bambini con i leoni. Lei è stata l’unica ad avvicinarsi a Charlie con la testa prima ancora che con le mani, come invece avevano fatto tutti gli altri, quello che per Richardson era l’approccio giusto. “I leoni vivono in branco, sono animali sociali – continua l’esperto – mi hanno proposto di prenderne due, ne ho chiesti sei, quattro leonesse e due maschi”. Daniah quindi siede per terra non con uno, ma circondata da predatori: li accarezza, ci gioca, si rotola con loro abbracciandoli senza paura. “Abbiamo capito che era importante stabilire un legame fin da quando il leone era piccolo. Così si sarebbe creata una routine e una storia di amicizia. E questa è la migliore protezione possibile contro qualsiasi incidente”, spiega il regista che ha ripreso il rapporto tra la bambina e il leone da vicino, “solo così il film riesce a trasmettere certe emozioni”.Tutt’altro lavoro, ma per arrivare allo stesso fine di emozionare lo spettatore, è stato fatto per Il re leone di Jon Favreau (già regista nel 2016 della versione live action de Il libro della giungla). Nel caso del rimaneggiamento del classico Disney, per ottenere autenticità, si è ricorso esclusivamente alla computer grafica, quindi niente di quello che vedremo nel remake è vero, dagli animali, Simba, Mufasa, Rafiki ovviamente, ma anche le zebre, le giraffe, gli elefanti, ai meravigliosi paesaggi africani, ai tramonti nella savana. Molte immagini sono simili nei due film, ma solo quelle di Mia e il leone bianco sono vere. Per quanto impressionante e ingannevole sia il risultato, ne Il re leone è tutto ricostruito virtualmente. A novembre Disney ha diffuso le prime immagini del nuovo Il re leone, che annovera nel cast Donald Glover (la voce di Simba) e Beyoncé (Nala). A prima vista l’idea è che si tratterà di un rifacimento passo per passo del successo del 1994, il terzo maggiore incasso nella storia Disney, dopo Frozen e Zootropolis, e il nono tra tutti i film d’animazione, ma anche che per realizzarlo sono state mescolate varie tecniche, quella dell’animazione, del live action, della computer grafica per una esperienza visiva totalmente originale.A smentire la prima impressione, confermando la seconda, è Sean Bailey, capo dello studio Disney che si occupa dei remake in live action, l’uomo dietro le nuove versioni de Il libro della giungla (2016), La bella e la bestia (2017) e Il ritorno di Mary Poppins (2018), che, parlando de Il re leone, ha detto a Hollywood Reporter: “è un film adorato e osannato, occorre quindi rispettare certe parti che il pubblico ama. Ma ci saranno elementi nuovi nel film che sarà il risultato di un nuovo modo di girare. Le definizioni classiche non andranno più bene: per il film sono state impiegate tecniche che tradizionalmente si definiscono animazione e altre che normalmente si definiscono live action. In realtà si tratta dell’evoluzione delle tecniche che Jon (Favreau, il regista) ha usato per Il libro della giungla”. Insomma, non si tratta di pura animazione, perché ci sono elementi di live action, anche se tutti i protagonisti sono stati creati virtualmente attraverso un computer e le immagini sono state poi proiettate su un bluescreen, come succede nella maggior parte dei blockbuster oggi, per dare al regista la sensazione di essere davvero su un set. Probabilmente però, non sono questi aspetti tecnici che interessano i tanti che aspettano di vedere il film e che hanno già visualizzato il trailer de Il re leone talmente tante volte da averlo reso il secondo più visto di sempre nella storia Disney, dietro solo quello di Avengers: Infinity War.
Giulia Echites, repubblica.it