Coppie in crisi, madri in fuga, padri assenti. La regista Miller: “Adolescenti più maturi, anche come attori”
Se è vero, come diceva Alda Merini, che esistono adolescenze che si innescano a novant’anni, allora non è mai troppo tardi per guardare film che trattano dei turbamenti di quell’età. Non è mai troppo tardi perché l’adolescente che è in noi ogni tanto riemerge e forse non ha mai smesso di esistere e dirigere le nostre scelte. La formazione e la trasformazione avviene attraverso una serie di piccoli momenti, gli «All these small moments» raccontati con intelligenza e ironia dalla regista Melissa Miller nel suo film d’esordio. Il protagonista è il giovane Howie Sheffield che cerca di rimanere calmo mentre tutto fuori e dentro di lui comincia a correre: l’attrazione per una donna più grande, la crisi di coppia dei genitori, le attenzioni di una sua coetanea. Ma, come emerge bene dal film, la trasformazione non riguarda solo il protagonista adolescente. Anzi, Howie è il personaggio che sembra mantenersi più lucido, mentre sono tutti gli adulti a mostrarsi più fragili. Un’impressione che si rivela sorprendentemente simile a quanto avvenuto durante la lavorazione del film: «Brendan (Meyer, l’attore che interpreta Howie, ndr) sembrava quasi un robot nella capacità di rendere immediatamente quello che volevo – racconta la regista – mentre gli adulti, attori navigati, avevano bisogno di fare molte domande per capire il ruolo. Anche la lavorazione era diversa: mentre gli adulti rendevano di più dopo molte prove, il limite di tolleranza verso cui si potevano portare i ragazzi senza rovinarne la performance o la concentrazione era più basso». E a conferma della centralità dell’adolescenza nel definire la personalità di un adulto racconta: «Per me è stato facile scrivere la sceneggiatura del film perché a seconda dei momenti ho attraversato tutte le diverse fasi dei protagonisti. L’unica piccola differenze è che questa volta ho voluto spostare l’attenzione su un punto di vista maschile, per indagarne la psiche». Il filone dell’adolescenza attraversa questo Tff, in concorso ci sono almeno altri tre film che lo affrontano. In «La disparition des lucioles», ad esempio, titolo dagli echi pasoliniani, Leo è un’adolescente che si annoia e trova nella relazione con un uomo più grande un modo per sfuggire alla routine. La noia, proprio quella cosa che ti attanaglia quando sei bloccato nella vita che gli altri hanno costruito per te, senza riuscire ancora a trovare il modo di costruirne una indipendente. Ci sono poi «Marche ou creve» e ancora altri fuori concorso. La caratteristica che accomuna molti di questi film sta nelle crisi coniugali dei genitori: coppie in difficoltà, madri che fuggono, padri assenti. I registi guardano agli adolescenti come a innocenti che si ritrovano catapultati nelle insicurezze degli adulti e devono, loro, fare prova di una maturità che in fondo non gli sarebbe richiesta. Che si tratti di senso di colpa verso i figli o di risentimento tardivo verso i genitori e autoanalisi a distanza di anni, i registi sembrano dirci una cosa: sono gli adolescenti ad avere le risorse per uscire dai guai in cui li cacciano gli adulti.
Laura Aguzzi, La Stampa