Tre mogli, otto figli e oltre cento milioni di dischi venduti. E una villa, dove lo abbiamo incontrato, con un campo da calcio regolamentare in cui si allena il Celtic, la sua squadra del cuore. L’uscita del nuovo album, ‘Blood Red Roses’, è l’occasione per parlare del suo mondo: i figli, la religione, la Brexit e l’indipendenza della Scozia, sesso, droga e… rock’n’roll
Nessun nome all’esterno dell’elegante proprietà del 18esimo secolo che si staglia, sullo sfondo di un parco, al confine con la foresta di Epping, nella parte orientale di Londra. Solo una scritta su una colonna, sormontata da una scultura sferica: Durrington House. Ma se lo digitate su Internet, vi uscirà immediatamente il nome del proprietario: Sir Rod Stewart.Uno che ha venduto più di 100 milioni di dischi ed è al primo posto nel Guinness dei primati per il ‘free concert’ con più spettatori (oltre 4 milioni). Un successo rimasto costante durante tutta la carriera, cosa per niente facile. Nulla, però, succede per caso. La voce di Rod Stewart la senti una volta e non te la scordi più: capace di passare dal rock blues di quando militava nei Faces o in brani come Gasoline Alley, del 1970, fino alla disco di Da Ya Think I’m Sexy? (1978), tanto per citare solo due – opposti tra loro – stratosferici successi. E, siccome è anche un tipo simpatico e diretto, tutto questo incredibilmente non gli ha mai alienato più di tanto l’affetto di un pubblico a quei tempi attento a chi si ‘vendevà alle sirene del mercato. Come si fa a parlar male di uno che, nella sua vita, ha sempre fatto le cose “per divertirmi e per far divertire la gente che viene ai miei concerti?”.Il cielo è grigio, solcato da nuvole nere. Una tipica giornata inglese. Ma il vento sparge nell’aria l’odore dei fiori. Fiori blu e gialli che spuntano da cespugli di tonalità differenti di verde che solo qualcuno molto distratto potrebbe pensare selvaggi, visto il loro rigoglio. Altri cespugli perfettamente potati, dalla forma tondeggiante come teste di medusa, sorgono ai lati della strada, alternati a cippi a loro volta sormontati da vasi da cui spuntano pendule arborescenze. È la strada che, una volta superato il cancello nero in ferro battuto con le punte e le sculture di stambecchi dorati, che si arrampicano alteri sui pomelli ai lati, conduce all’edificio portante di Durrington House. Ma noi ci fermeremo prima.
Luca Valtorta, repubblica.it