Eclettico, mattatore, fragile nel documentario di Fabrizio Corallo la vita del Re della commedia
Vittorio Gassman era un gigante pieno di malinconia, un timido esuberante come è per molti introversi. Ma se volete conoscere meglio la sua figura di artista eclettico, mattatore e fragile, padre assente e presente, non mancate di vedere il documentario di Fabrizio Corallo, ‘Sono Gassman! Vittorio, re della commedia’ che passa alla Festa del Cinema di Roma domenica 21 ottobre e in autunno su Sky Arte. La grandezza del materiale raccolto e delle testimonianze, oltre che stralci di interviste all’attore morto nel 2000, fanno giustizia alla sua vita artistica e indirettamente alla vera e autentica ‘commedia all’italiana’ che resta un momento felice e insuperabile del nostro cinema. “Quando i produttori Adriano De Micheli e Massimo Vigliar mi hanno chiesto di realizzare un suo ritratto filmato – dice Fabrizio Corallo – sono stato ovviamente lusingato ma anche consapevole di dover provare a raccontarlo non solo con la sconfinata ammirazione di spettatore incantato ma anche cercando senza eccessive enfasi e seriosità la misura e il disincanto che lui avrebbe desiderato. Ho tentato così di privilegiare tra le tante ipotesi di racconto soprattutto quella di una doppia metamorfosi di cui Vittorio è stato protagonista nel tempo. La prima – spiega il regista – quella che a partire dal film di Monicelli ‘I soliti ignoti’ lo ha trasformato alla fine degli anni ’50 da acclamato interprete teatrale e di film drammatici – da lui giudicati quasi sempre “dimenticabili” – in uno dei più amati attori brillanti del nostro cinema grazie alla straordinaria stagione della cosiddetta “commedia all’italiana”. La seconda è stata quella che lo ha portato a rivelare col tempo, soprattutto nei suoi ultimi anni di vita, la sua vera natura di persona introversa e ipersensibile, spesso preda di impensabili vulnerabilità”.E proprio questa parte è quella che nel documentario di Corallo fa la differenza. E questo anche attraverso le parole di Monicelli che descrive Gassman “discreto e fragile” e dell’Ardant che ne parla come di “un grande timido che si nascondeva”. Scorrono sullo schermo le immagini della moglie, Diletta D’Andrea, dei figli Alessandro, Paola, Vittoria e Jacopo e di Emanuele Salce, cresciuto con sua madre Diletta e con Vittorio e da lui considerato un figlio a tutti gli effetti. E questo accanto a brani di film celebri e filmati di Teche Rai – Cinecittà Luce e Mediaset. Ci sono poi le interviste d’archivio a Gassman, Dino Risi, Mario Monicelli ed Ettore Scola. E ancora i contributi di Stefania Sandrelli, Gigi Proietti, Jean-Louis Trintignant, Giancarlo Giannini e Giovanna Ralli, Carlo Verdone, Paolo Virzì, Paola Cortellesi, Diego Abatantuono, Massimo Ghini, Marco Risi, Ricky Tognazzi e di osservatori del costume nazionale come Renzo Arbore, Maurizio Costanzo e Valerio Caprara. Tra le cose che rivela il documentario la volontà scherzosa di Vittorio Gassman di essere, post mortem, impagliato e posto all’ingresso di casa e, infine, la sua lapide in cui si legge davvero un monito non solo attoriale: “Non fu mai impallato”.
Francesco Gallo, Ansa