L’attrice, 84 anni, è nel cast di ‘Apocalypse’, nuova stagione della serie in onda su Fox. Gli inizi giovanissima, la conquista di Hollywood, il successo di ‘Dynasty’, gli uomini e MeToo. E una certezza: “Mi mantengo bene perché la vecchiaia fa schifo”
Ha 84 anni ma ne dimostra 48, solo le mani rivelano i segni del tempo ma lei li nasconde in modo accurato sotto una pioggia di anelli e bracciali. Vezzosa (“Davvero conserva una foto scattata insieme nell’81? Non dica che non sono cambiata…”), grande aplomb, autoironica, Joan Collins è una delle ultime vere dive del panorama internazionale. Per tanto pubblico italiano resta la perfida Alexis di Dynasty, la serie tv rivale di Dallas, un trionfo anni Ottanta. Da allora una presenza ricorrente in tv e ora la vedremo in un cult come American Horror Story, nuova stagione, Apocalypse dal 7 novembre su Fox: interpreta tre personaggi fra cui Evie Gallant, nonna ricca e glamour del protagonista Evan Peters (James March). Con lei Jessica Lange e Kathy Bates, Angela Bassett e Sarah Paulson. Ma tutto ruoterà intorno alla sua figura larger than life dell’attrice britannica. Vari matrimoni all’attivo – l’attuale marito, Percy Gibson, ha 56 anni -, madre di tre figli, sorella della scrittrice di bestseller Jackie Collins morta tre anni fa, Joan ci aspetta all’Hotel Four Seasons di Beverly Hills, da decenni vive lì vicino.
Se pensa ad Alexis oggi, come la vede?
“Non così cattiva. Era una MeToo ante litteram, non trova?”
Nel senso che era un personaggio forte?
“Anche. Non chinava la testa davanti a nessuno e si vendicava continuamente dell’ex marito che l’aveva fatta soffrire. La storia di Dynasty è interessante: Alexis si è sposata a 17 anni, ha avuto dei figli ma il marito, Blake, era occupato a cercare pozzi di petrolio e ignorava la bella e giovane moglie. Lei ha avuto una relazione, lui ha cercato di uccidere quell’uomo e poi ha cacciato lei di casa, aveva solo vent’anni. Un po’ si capisce il suo bisogno di vendetta”.
Ha sempre interpretato figure di donne forti.
“Credo che questo, e la mia longevità professionale, sia dovuto a mio padre. Era un agente teatrale, non voleva che facessi questo mestiere perché, sosteneva, avrei dovuto sopportare umiliazioni, bocciature, abusi. Insomma, mi aveva vaccinata da subito. Ho iniziato a recitare in Inghilterra a 17 anni in un film, Judgment Deferre, in cui interpretavo una giovane delinquente. Ecco come ho cominciato: non come Alexis ma come ragazza di strada. Ho la pellaccia, sotto queste unghie laccate ci sono gli artigli. Mi offrono quel tipo di ruoli perché ho un aspetto aggressivo, ma ho da poco girato un corto, Gerry, in cui sono una donna fragile come non mi avete mai visto. Però è vero che preferisco ruoli più forti, è la mia vera natura”.
Fra le sue prime cose c’è anche The Bravados, accanto a un mito come Gregory Peck.
“Avrò avuto più o meno vent’anni, lo adoravo e arrossivo ogni volta che entrava in scena. Lui era un po’ distaccato, di poche parole. Era molto più grande e famoso di me, che fifa. Sul set in Messico mi fecero montare uno stallone enorme e scatenato che prese a correre lungo un dirupo fregandosene dei miei comandi. Mi dissi: se sopravvivo allo stallone e a Gregory Peck, ce la farò di sicuro. Sono sopravvissuta, ma odio i western”.
Poi venne il momento del grande successo di Dynasty.
“E fu dura, ero la preferita dai paparazzi che mi braccavano ovunque. Una volta ero in giardino, sento sopra di me un elicottero, alzo la testa e c’era un fotografo che scattava all’impazzata. Mentre tagliavo gardenie, capisce?”
Ora sarà lei a fare paura, con American Horror Story. Anche se non è nuova al genere horror.
“Negli anni Settanta ero la regina dell’horror! Ho fatto vari episodi di Tales from the Crypt e Tales that Witness Madness, ho lavorato con Christopher Lee e con Freddie Francis, grande regista horror. Ho visto tanto di quel sangue che nemmeno ve lo immaginate”.
Rifarebbe tutto? O cambierebbe qualcosa della sua vita?
“Sicuramente un paio di mariti (ride). Per il resto va bene così. Ho dei figli meravigliosi, per loro ho un po’ rinunciato alla carriera ma non avrei fatto nulla in modo diverso”.
A proposito di uomini: che cosa ne pensa del movimento MeToo?
“Della questione parlavamo fin da giovani con le colleghe, non creda che sia un tema di oggi. Magari non li chiamavamo abusi o molestie, ma la sensazione di essere prede degli uomini era forte. Trovo che il movimento sia positivo, anche se purtroppo sfiora appena la superficie dei problemi che le donne hanno oggi nel mondo”.
Ha avuto brutte esperienze?
“Certo, come molte. Ma, come dicevo, mio padre mi aveva messa in guardia. E mi sono fatta valere dando ginocchiate dove può immaginare (ride). Non ho permesso a nessuno di approfittare di me. Ricordo quando incontrai per la prima volta Marilyn Monroe, eravamo a casa di Gene Kelly. Mi disse: Joan, stai attenta a Hollywood, è piena di lupi, avvoltoi arrapati e infidi. Ma io già in Inghilterra mi ero dovuta nascondere negli armadi per sfuggire alle grinfie di certi produttori. Non sono mai stata una vittima”.
Spesso ha avuto relazioni con uomini più giovani, anche il suo attuale marito lo è. In qualche intervista raccomanda alle donne di fare questa scelta.
“Se fossi sposata con un uomo della mia etè se la immagina la mia vita? Non ce la farebbe nemmeno a tirar giù un maglione dall’armadio o a portarmi una borsa…”.
Prima di lasciarci, vuol dirci il segreto di tanta vitalità?
“Gioco molto a poker e a Scarabeo. E ho un marito più giovane, no? Scherzo, la verità è che sento una grande gioia di vivere e mi ritengo fortunata di avere tanta energia. Mi godo quello che ho. E tengo sveglia la mente: giornali, riviste, mi informo sulla politica. Ma soprattutto, ho una certezza: la vecchiaia fa schifo. E questo aiuta, mi creda”.
Silvia Bizio, La Repubblica