‘Zombie contro zombie’, il film-fenomeno giapponese: splatter e risate, i morti viventi sono già cult

‘Zombie contro zombie’, il film-fenomeno giapponese: splatter e risate, i morti viventi sono già cult

Nelle sale italiane il 7, 8 e 9 novembre l’horror demenziale già premiato dai festival di mezzo mondo dopo aver sbancato i botteghini in patria. Costato poco più di 20 mila euro, ne ha già incassati 20 milioni

 

Duecentocinquanta volte il suo micro-budget. Ecco quanto ha incassato finora Zombie contro Zombie (One cut of the dead), uno zombie movie indipendente, girato in Giappone e costato poco più di 20 mila euro (3 milioni di yen). Cast di sconosciuti, make-up fatto in casa, il film di Shin’ichirô Ueda è uscito lo scorso il 23 giugno su due schermi a Tokyo, ha raggiunto ora le 200 sale ed è stato proiettato al cinema ininterrottamente per 100 giorni e ha già superato i 20 milioni di dollari d’incasso. Venduto in Cina, Brasile, arriva in Italia il 7, l’8 e 9 novembre con Tucker. Repubblica.it vi presenta il trailer in anteprima. Durante il tour mondiale, Zombie contro zombie (titolo originale Kamera o tomeru na!) è stato accolto da una standing ovation e, tra gli altri riconoscimenti, si è aggiudicato il premio del pubblico all. In testa ai mercati che fanno carte false per poterlo distribuire ci sono Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong, Germania, Regno Unito e Scandinavia. Il regista, scrittore e montatore Shin’ichirô Ueda, 34 anni, ha girato il suo personale Blair Witch Project in appena otto giorni dopo aver partecipato ad un workshop per attori e filmmaker alla scuola d’arte drammatica di Tokyo (tra i finanziatori-distributori del film). Va orgoglioso di un piano sequenza iniziale della durata di 37 minuti.“Il film giapponese che non vuole proprio decomporsi” titolano nel frattempo i giornali, raccontando il fenomeno Zombie contro zombie. Dopo il cult La notte dei morti viventi di George Romero, la parodia inglese Shaun of the Dead, la serie Walking Dead e un film cubano dal titolo Juan of the Dead, nessuno avrebbe puntato su Cut. In giro circolavano già fantasy drama come Life After Beth e l’action Scouts Guide to the Zombie Apocalypse.Qui l’ambientazione è un acquedotto abbandonato: un ragazzo coi vestiti insanguinati, la pelle marcia e il viso verdognolo sta per masticare viva la fidanzatina, che però non sembra spaventata abbastanza. “Cut!” urla furibondo il regista. È il 42mo ciak e la troupe strabuzza gli occhi sfinita. Un attimo dopo gli attori si appartano e scoprono che in quel posto si aggirano spettri misteriosi: il dopoguerra giapponese sta per abbattersi su di loro con una serie di esperimenti militari andati a male. Ecco che uno zombie (vero) entra in scena, confuso per uno dei membri del cast. Il solo ad essere soddisfatto della performance è il regista: “Non c’è menzogna, non c’è finzione! È la realtà!”. Uno spruzzo di sangue macchia la lente della telecamera da cui noi osserviamo la scena: chi sta filmando? Quali sono i confini tra realtà e finzione? Perché mai gli zombi sanno maneggiare le armi come degli yakuza su un set di Sergio Leone? Dal gusto per l’assurdo al commento su razzismo e gli effetti della guerra in Vietnam, l’horror cheap di Ueda gioca con i cliché del genere e conquista il pubblico: “Vedere 500 fan a Udine applaudire per cinque minuti di fila ci ha dato fiducia nel progetto” ha dichiarato Koji Ichihashi, presidente di Enbu Seminar e produttore. Nelle proiezioni extra-festivaliere, il cartello “sold out” appare puntuale. “È un trend generazionale ormai” dice Ichihashi. “Ne parlano notiziari, magazine, programmi televisivi. Non accade spesso a un film low-budget. È un grosso segnale per la rete distributiva giapponese. Enbu Seminar, che occupa due stanze in un palazzo di Tokyo, ha da poco acquisito un partner, Asmik Ace, grazie al quale il film comincia ad avere una vita anche nei multisala di Toho, il più importante distributore ed exhibitor in Giappone. È la metamorfosi perfetta: dal videogioco giapponese al documentario rivoluzionario, dagli scrittori umanisti a uno zombie movie di serie B”. Prossimamente in tutte le sale del mondo (post-apocalisse).

Filippo Brunamonti, Repubblica

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