Cinquant’anni fa, nell’autunno del 1968, con il primo ciak di ‘Balsamus, l’uomo di Satana’, nasceva professionalmente il regista Pupi Avati, destinato a diventare uno dei più intensi, interessanti e prolifici del panorama italiano.
Per celebrare l’anniversario, che cade a poche settimane dall’ottantesimo compleanno del regista, nato a Bologna il 3 novembre del 1938, gli amici bolognesi dei fratelli Avati organizzano il 4 ottobre, a Budrio, una grande festa in onore di Pupi e del fratello e sodale Antonio, per ringraziare uno duo artistico cha ha dato tanto all’Emilia Romagna.
Con questo evento si aprono ufficialmente “Le Avatine”, un ciclo di appuntamenti che proseguirà fino a giugno, e che si arricchirà mano a mano di date e dettagli. La ‘prima puntata’ delle Avatine per ora è un evento top secret: invitati e programma della giornata rimarranno un mistero fino all’ultimo momento. Ma i bene informati assicurano che il palinsesto sarà ricchissimo di colpi di scena. Questo perché, spiega Chiara Caliceti – anima di questo primo appuntamento – “ogni dettaglio dovrà emanare la stessa magia dei loro film, che brillano di una luce particolare, malinconica, satura di ricordi, profondamente legata a questa terra. Sarà come entrare nel territorio immaginifico delle loro pellicole, passare dall’altra parte dello schermo per prendere parte a una nuova storia fatta di grandi passioni e vite straordinarie. Come le loro”.
A mezzo secolo dal primo ciak sul set di Balsamus, l’uomo di Satana, film indipendente e orgogliosamente provinciale, il ‘paesone’ alle porte di Bologna, simbolo della campagna al centro di tante pellicole del duo, si prepara a festeggiare. Prima andrà in scena l’omaggio più istituzionale, ma non meno sentito, al Teatro Consorziale di Budrio, alle 11.30: proprio questo edificio è stato uno dei set – insieme alla chiesa di San Lorenzo e al centro cittadino di “Dancing Paradise” nel 1982 e “Un Matrimonio” miniserie ad episodi che nel 2013 ha raccontato una storia d’amore fortemente ispirata a quella dei genitori di Pupi e Antonio. I fratelli Avati tornano in una delle loro case cinematografiche per raccogliere l’affetto dei bolognesi in vacanza per San Petronio e degli abitanti di quella “bassa” per loro tanto ispirativa. L’incontro è aperto al pubblico, fino ad esaurimento posti.
Clarinettista promettente – una carriera “stroncata” da un esordiente Lucio Dalla, rivale e grandissimo amico, che gli rubò la scena con il proprio talento – rappresentante di surgelati, Pupi Avati venne folgorato sulla via di Damasco dalla visione di 8½ di Federico Fellini: sarà in quel momento che, comprendendo la differenza tra passione e talento, deciderà di diventare regista.
In coppia con il fratello Antonio è diventato uno dei registi più solidi, riconoscibili, amati del panorama non solo nazionale. Le atmosfere della sua Bologna, i ricordi e gli aneddoti più interessanti sono al centro di libri e film, e intrattengono generazioni di italiani.
Adnkronos