Dopo la presentazione a Cannes arriva nelle sale italiane il 4 ottobre il documentario ‘Papa Francesco – un uomo di parola’ che racconta i primi cinque anni di pontificato di Bergoglio. Ne abbiamo parlato con il suo regista
Papa Francesco – un uomo di parola perché è sulla forza delle parole di Francesco che è costruito il film documentario di Wim Wenders, presentato a Cannes e nelle sale italiane dal 4 al 7 ottobre. Il Papa è capace di parlare a ogni interlocutore con il suo proprio linguaggio: che sia una bambina della scuola elementare che gli chiede perché ha rinunciato a un appartamento lussuoso e a grosse macchine che i Capi di Stato riuniti all’Onu (“siamo tutti responsabili della cura del nostro pianeta”), che sia la curia romana che il Pontefice mette in guardia “dall’Alzheimer spirituale e dalla malattia dell’accumulo” o siano i carcerati di Napoli o di Philadelphia cui ricorda “che il primo santo canonizzato è un carcerato condannato a morte”, quando Gesù sulla croce al ladrone dice “Tu sarai con me in paradiso”. Quattro incontri lungo due anni e totale accesso ai materiali video dei viaggi e degli incontri del Pontefice fin da quella prima volta, in mondovisione, il 13 marzo 2013 quando Jorge Mario Bergoglio è diventato semplicemente Francesco.
Wim Wenders Papa Francesco conquista le persone che incontra parlando dritto al loro cuore. Quanto ha conquistato il suo?
“Ha conquistato il mio cuore prima ancora che lo incontrassi. Mi ha conquistato quando ha deciso, appena prima che noi lo vedessimo in televisione, di chiamarsi Francesco. Prima ancora di vederlo mi sono detto: ‘wow, deve essere un uomo coraggioso'”.
Oggi a Tallin il Papa ha detto che i giovani si allontanano dalla Chiesa perché indignati da abusi sessuali ed economici
“Credo che il Papa abbia un’incredibile abilità nel connettersi alla gente, alle persone in difficoltà, a chi è nei guai, alle persone normali ed è capace di fare chiarezza su temi di natura sociologica, psicologica, ecologica, economica e naturalmente spirituale. La nostra vita spirituale dipende dalla chiarezza che c’è in tutto il resto. Non possiamo vivere la nostra vita spirituale se siamo costantemente preoccupati, lui ha capito questo e lo comunica agli altri. Ha ereditato un problema disastroso: la pedofilia è una mostruosità e lui sta la sta gestendo nel miglior modo possibile, cioè quello che lui chiama la tolleranza zero. Non esiste altra possibilità, occorre essere trasparenti, nella Chiesa che ha duemila anni non c’è sempre stata trasparenza. È dura per un uomo farlo succedere. È un uomo di grande resistenza, uno che combatte e combatte per la trasparenza perché solo questa permetterà alla Chiesa di compiere il suo dovere spirituale”.
Nonostante questa chiarezza chi lo attacca, anche dentro la Chiesa, lo attacca sul tema della pedofilia.
“È difficile immaginare tutto quello che è accaduto prima e quello che accade dietro le porte chiuse del Vaticano, è dura immaginare la resistenza che sta affrontando. Qualche volta provo ad immaginarlo e basta guardare la faccia della curia mentre lui affronta questo tema in modo coraggioso rinfacciando tutti i loro peccati per realizzare quante cose si trova a cambiare: 2000 anni di storia di mancanza di trasparenza. Molte delle persone che lo accusano non sono granché trasparenti loro stessi anzi sono loro stessi strumenti contro la trasparenza, la loro accusa non la chiamerei una vera e propria bugia ma sicuramente un pretesto”.
La chiave di Francesco è la vicinanza, l’empatia, l’umorismo. Il suo segreto è una preghiera che recita “ogni mattina dopo le laudi, è la preghiera del buonumore di San Tommaso Moro che inizia così: Dammi o Signore una buona digestione e anche qualcosa da digerire”. Quanto è importante per lui il senso dell’umorismo?
“È molto importante, perché lui parla di vicinanza, in spagnolo si dice cercanía, qualcosa che può accadere sono se si è molto aperti nei confronti di un’altra persona, può avvenire solo se scherzi con quella persona. Papa Francesco crede fortemente che tutte le persone sono eguali e se sei eguale puoi ridere molto, ma solo se ti poni come eguale”.
La Repubblica.it