Ha davvero vinto il cinema e si fa largo Netflix. E l’Italia che fa?

Ha davvero vinto il cinema e si fa largo Netflix. E l’Italia che fa?

Se “Roma”di Alfonso Cuaròn aveva il Leone d’oro in tasca già dal secondo giorno di Mostra, se ” The Courtisane”di Yorgos Lanthimos e “The Sisters Brothers”di Jacques Audiard si sono piazzati dal primo istante in cima ai pronostici, è perché l’evidenza non è un’opinione. Si può obiettare che il Gran Premio della giuria al regista greco e il Leone d’argento per la regia al sommo francese andavano invertiti: per respiro universale e invenzione tra i due non c’è paragone. Ma non c’è da piangere su questo esito così scontato e previsto: qualsiasi colpo di scena sarebbe stato barare sui meriti. La vera materia su cui riflettere è la totale, perfetta, eloquente assenza di un nome italiano tra tutti i premiati. Ci metto dentro l’intero cucuzzone, il Leone del futuro per l’opera prima,’ Orizzonti’ coi suoi sette premi, la Virtual Reality, oltre al concorso ufficiale. Non ricordo una sola Mostra con questo agghiacciante bilancio. Da Guillermo Del Toro in giù, questa era una giuria eccezionalmente professionale, gente che ama e che fa cinema sostanzioso. Qualche domanda forse è il caso di porcela. Per il futuro.  Netflix, la piattaforma digitale così controversa anche da noi, incassa due allori pesanti: non solo l’oro di “Roma”, ma il premio per la sceneggiatura alla stravaganza in versione estrema dei fratelli Coen con il loro “La ballata di Buster Scrubbs”. Non è il loro film migliore, ma ‘ci sta’. Sarà dura anche per Cannes continuare a escludere un marchio tv che produce capolavori incontestabili nell’emozionante amarcord dotato di analisi di classe di Cuaròn, nel suo splendido bianco e nero. Non ricordo quante volte ho già scritto, in questi giorni, che la Coppa Volpi poteva andare soltanto al Willem Dafoe-Van Gogh di “At eternity’s gate” e, per le attrici, a una donna a scelta tra quelle di Lanthimos. Olivia Colman, la sua regina, delle tre è la meno nota, viene dal teatro, diventerà celebre con le prossime stagioni della serie “The crown”, ma con Dafoe prenota un piazzamento nelle cinquine degli Oscar. Quello che proprio non si può digerire è il doppio premio al trash di “The nightingale”, Premio speciale della Giuria all’australiana Jennifer Kent (l’unica donna in concorso) e Premio Mastroianni per l’attore emergente all’esordiente maori Baykali Ganambarr. Lui è davvero simpaticissimo, ma come sapete bene promuovendo l’attore promuovi anche il film. Se dev’essere un invito a sorbirsi un’opera seconda slabbrata, non era proprio il caso. C’è sempre il sospetto, di questi tempi, che sul podio abbiano voluto piazzare una donna “parce que”, come dicono i francesi, per correttezza politica e senza buone ragioni. Non credo, però. Le giurie intellettuali hanno sempre bisogno di coccolarsi le trasgressioni. Quella di “Nightingale”, mascherata da rivolta degli oppressi – l’irlandese e l’aborigeno- contro gli inglesi oppressori, è fasulla. Ma così è se vi pare. Il più felice di tutti sarà Guillermo Del Toro, che ha premiato il suo amico del cuore. Tra messicani, è perfino un po’imbarazzante. Que viva Mexico, sulla laguna, per il secondo anno consecutivo. Tutto medio ed estremo Oriente sul podio nelle altre sezioni, più virate sulla sperimentazione. Gli equilibri dell’arte mondiale si stanno spostando. E l’Italia che fa, resta a guardare?

Teresa Marchesi, Huffingtonpost

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