Ginevra Nuti: “Dopo l’incidente di mio padre, non vedo più i suoi film per non soffrire. Tranne uno”

Ginevra Nuti: “Dopo l’incidente di mio padre, non vedo più i suoi film per non soffrire. Tranne uno”

La figlia diciottenne di Francesco Nuti al Corriere della Sera: “Ci parliamo attraverso sguardi, sorrisi e piccoli gesti. Mi insegna ancora tanto”

Lei, i film di suo padre, preferisce non guardarli. Tranne uno: Caruso Pascoski. Ginevra Nuti, figlia del regista Francesco Nuti, ha raccontato al Corriere della Sera il rapporto con il papà e con le sue opere. E ha svelato di non guardare mai niente di suo per non soffrire. “Per me – dice – non è così semplice. Dopo l’incidente di papà, ho sempre evitato di guardare tutti i suoi film”. Tutti tranne uno, Caruso Pascoski. “Mi fa superare la malinconia”. Non dimentica la prima volta: “Ricordo quel momento come se fosse ieri: avevo 15 anni, ero col mio ragazzo a casa, cercavamo qualcosa da guardare, abbiamo scelto Caruso Pascoski. Siamo letteralmente morti dalle risate”. Ginevra, 18 anni, ha scelto di essere la sua unica tutrice. La vita di Francesco Nuti è cambiata per sempre da quel settembre del 2006, quando, dopo un incidente domestico, entrò in coma per un ematoma cranico. Costretto ad abbandonare il cinema, ancora oggi è in riabilitazione e in lotta per sopravvivere. È la figlia a prendersi cura di lui. “Sta meglio – spiega al Corriere della Sera – e grazie alla riabilitazione ogni giorno fa piccoli ma importanti miglioramenti – racconta la figlia – Adesso fortunatamente abitiamo vicini. Ci parliamo attraverso sguardi, sorrisi e piccoli gesti. Io gli faccio vedere come sto crescendo, con foto e video, lui mi risponde con un grande sorriso”. Per Ginevra è stato un padre e continua ad esserlo. “Mi ha insegnato e mi insegna ad amare la musica e gli animali: a casa di papà c’era un grande pianoforte nero dove ho imparato a suonare qualche nota. E poi c’erano le chitarre, davanti a un grande acquario: passavo ore intere di fronte a quegli strumenti. Ancora oggi papà mi insegna ogni giorno a capirci, a conoscerci, anche se più lentamente delle altre persone”.

huffingtonpost

Torna in alto