Incontrare i personaggi famosi nella loro casa, nella loro quotidianità racconta molto di loro. Gerry Scotti non fa eccezione. È gioviale come in tv, ironico, parla tanto. Gli piacciono le cose semplici, vere, retaggio di origine contadine. Ma ha un forte senso estetico che si respira in ogni stanza. Ha una compagna bella, discreta. Sono una coppia discreta. E il loro amore è nato in modo discreto. Si sono conosciuti perché i lore figli erano a scuola insieme. Si sono ritrovati, entrambi separati. Si sono frequentati sempre con discrezione per non turbare la serenità dei figli. Ci hanno messo anni prima di mostrarsi alla luce del sole, anni di viaggi tutti insieme ma rigorosamente in camere separate negli alberghi. Tanto che i figli, nel frattempo diventati adolescenti, li hanno presi in giro: «Eh quanto ci avete messo!». In un mondo dove i nuovi fidanzati di mamme e papà entrano nelle vite dei figli dopo una settimana, Gerry e Gabriella sono due rarità. «Ma rifarei tutto perché mi sono sentito a posto con la mia coscienza».
Nel ‘92 è diventato papà, non giovanissimo.
«È stata una scelta ponderata, certo non capitata tra capo e collo. Entrambi già maturi, avevamo 36 anni. Io e la mamma di Edoardo abbiamo frequentato il corso prenatale all’Ospedale Buzzi di Milano. Quasi 30 anni fa non era una pratica normalissima. L’idea era che io dovessi entrare in sala parto , ma il primario della neonatologia, al momento del parto, mi ha detto: “Lei non ha una bella faccia, venga con me nella stanza delle infermiere”. Era un professore sui 70 anni , bello, alto, abbronzato, con il camice. Ha aperto la moka, ha fatto il caffé, me l’ha versato nella tazzina. Chiacchieravamo, mi ha distratto. A un certo punto mi ha detto: “Venga con me”. Edoardo era nato. Me l’hanno messo in mano da lavare (e mentre ricorda si commuove, ndr)».
L’ha raccontato come fosse una fotografia di cui non ha rimosso neppure il minimo dettaglio.
«È così. Tanti anni dopo, l’infermiera, Simona si chiama, quella che mi ha dato in mano Edoardo, è venuta in una mia trasmissione. E mi ha portato un dono. Era un rettangolo impacchettato, un po’ pesante. Ho detto: “È un maxi gianduiotto?”. L’ho aperto e c’era la foto incorniciata con il piccolo in braccio a me che indossavo il camice bianco, le infermiere e il dottore» (naturalmente la foto, con la cornice originale, sta là in camera da letto).
Qual è la cosa più spericolata che ha fatto con suo figlio?
«Io e sua mamma ci eravamo separati da poco, un momento delicato nel quale temevo per Edoardo, invece lui è stato bravissimo, più bravo di noi. Aveva 8 anni e siamo partiti per un viaggio in barca a vela noi due, il primo da soli. È stato indimenticabile».
A dispetto della sua indole metodica, lei ha un lato avventuroso sconosciuto ai più: barca, moto…
«L’esperienza più avventurosa l’ho vissuta nell’88: con l’irruenza di un trentenne, non sapendo andare in barca a vela, l’ho guidata fino all’isola di Porquerolle. Ed è un miracolo se sono ancora vivo. Ma da allora più che mai il mare mi ha conquistato: è quel che amo in vacanza. Fare il bagno in mare, cucinarmi in barca. Leggere e ascoltare musica al largo. E poi la moto, la mia adorata Harley-Davidson. Per i miei 60 anni, due estati fa, mi sono regalato un viaggio in moto, con Gabriella, e un’altra coppia di amici, in Usa, sulla Route 66. Un viaggio splendido, in totale libertà».
Libertà, tempo libero, vacanze, viaggi. Lei vive in tv, è uno stakanovista. Riesce a staccare davvero, o senza piccolo schermo sta male? Sinceramente…
«Ho quasi 62 anni, sono privilegiato sotto tutti i punti di vista, ho un figlio, una compagna. Onestamente, mi manca solo il tempo libero. Mi sono chiesto: che senso ha se un libero professionista che teoricamente non ha vincoli non può smettere come vuole e quando vuole? Mi sono dato questa risposta: per gente come me o Carlo Conti o Paolo Bonolis che hanno fatto del nostro esserci quotidiano il nostro modo di essere, come la credenza in salotto, è faticoso dare uno stop. Certo la vacanza è fondamentale e per me significa “sparire”, non avere orari , ozio, noia . Gabriella mi dice: “Quando sei in vacanza ti esaurisci”. Io rispondo: “No, sono in stand-by”. Sono un metodico anche in vacanza: mi alzo tra le 7 e le 8, ginnastica un giorno si e uno no, il rito del caffè. Alle 13 mangio e guardo “La signora in giallo” anche se le puntate le ho riviste cento volte e so già come va a finire. Vado in barca nel mio buen ritiro in Costa Azzurra. Ho preso casa lì in tempi non sospetti. Ho vicini di casa illustri: Bill Gates, De Niro, Rod Stewart, il principe del Belgio, Bono degli U2 che butta giù case e le ricostruisce , sembra il re della cementificazione. Ma queste star mi “proteggono”: sono tutti molto più famosi di me e io sto sereno».
Lei non è nato ricco. Non dica che si era più felici una volta, quando c’erano pochi soldi…
«Mio papà era operaio, faceva il rotativista al Corriere della Sera. Faceva il turno di notte e il suo tempo libero lo passava correndo da suo padre in campagna, a Campo Rinaldo nel pavese, per aiutarlo a dare il verderame sulle viti. Questo è l’ambiente dove sono nato e cresciuto. Penso che una volta ci fossero meno necessità e il livello di soddisfazione arrivava prima. Ora soffro senza aria condizionata, ma fino a 20 anni fa non soffrivo, abbassavo i finestrini dell’auto. Lo faccio ancora adesso per abitudine e Gabriella mi prende in giro, con ‘sto braccio che ciondola dalla portiera… Ci sembra tutto più bello solo perché eravamo giovani. Possibile che il pane secco nel caffelatte fosse così buono? Però sono convinto che l’effetto nostalgia non guasti. Non vergogniamoci: se la vivi bene è sana, se la vivi male fa tristezza. Io ho una sana nostalgia quando ripenso alle mie domeniche passate in viale Zara, seduto sul marciapiede. Avevo 16 anni, nel pieno dell’austerity, con i miei amici il gioco era indovinare il colore della prima macchina che passava. Sembravamo trogloditi, e invece no, andavamo al liceo classico. Chissà oggi: io proverei a far fare questo gioco ai ragazzi….».
Com’è suo figlio Edoardo?
«Fa il produttore televisivo. Ha studiato e lavorato in America e credo lo abbia fatto per affrancarsi da me. Si è staccato dall’ombra del padre. Ha fatto bene. Ora è sereno, è bravo nel suo lavoro. Abbiamo un bellissimo rapporto».
Lei da sempre è circondato da belle ragazze, vallette, «letterine» ai tempi di «Passaparola». Da anni conosce il mondo dello spettacolo, le dinamiche, la voglia di arrivare, i giochi di potere. Mai avuto cedimenti?
«Sono fortunato: la mia sessualità e carnalità hanno resistito a tutto. Se non sono finito in galera con le letterine sono stato bravo. Non so se dipende dalla mia rettitudine morale o se sono percepito come uomo tutto d’un pezzo. In 35 anni, nessuna ragazza ha fatto la lasciva con me. E comunque ho sempre voluto al mio fianco compagne di lavoro già realizzate che non avevano bisogno di me».
Che compagno è?
«Gabriella mi dice che sono pedante, io penso di essere solo un po’ pesante, in tutti i sensi…. Si lamenta perché quando torno a casa dal lavoro sono taciturno. Ma dopo aver registrato diverse puntate non ho voglia di parlare, penso sia comprensibile… Ha ragione quando dice che sono pignolo, metodico e tendo a imporre ad altri le mie regole. Romantico? Detesto le celebrazioni obbligate, ma per il suo compleanno mi piace organizzare sorprese».
Ha fatto la battuta sulla «pesantezza», riferendosi al suo corpo. Apparentemente lei vive con autoironia il suo aspetto corpulento, ma magari ne soffre.
«No, vivo con grande serenità il mio quintale. Trascuro il mio corpo meno di quanto si possa credere, però, specie da una decina di anni. Faccio costantemente ginnastica tre volte la settimana, sono regolare negli orari, detesto mangiare quando capita; mi piace molto il cibo ma alle 23 non apro il frigorifero e non mi attacco al tubo della maionese. Ceno con amici, sono godurioso e sono convinto che le cose buone facciano meno male delle cose cattive. Se vado a Varzi a mangiare un buon salame e poi vado in una cantina a scegliere un buon vino rosso, sono convinto che questo gesto sia un toccasana per il corpo e per l’anima. Penso che faccia meglio del tofu. La qualità della vita e della scelta sono più importanti di tutto. Altrimenti potremmo vivere con gli integratori. Analisi alla mano… Dieci chili in più non fanno sempre male».
In fondo alla sala campeggia una splendida poltrona di velluto rosso. E poi tanti dettagli curati, lampade di design…
«Questa poltrona la adoro. L’ho fatta ricoprire con il velluto rosso che si usa per le poltroncine del Teatro alla Scala di Milano. Quando i bambini ci salivano con le scarpe o ci venivano a giocare i cani, mi sentivo morire… Gli oggetti li ho scelti tutti io con cura: volevo fare architettura, ma mi hanno fatto fare legge perché era più facile trovare il posto fisso… Se vuoi farmi felice regalami un libro di architettura. Tra gli oggetti che amo di più c’è il mappamondo. Siamo cresciuti in un mondo bi-dimensionale, il tridimensionale è venuto dopo. Solo il mappamondo è un oggetto con tutte le dimensioni».
Maria Volpe, Corriere.it