La mostra che la Tate Modern di Londra ha dedicato all’universo immaginario dei Kraftwerk nel 2013 è lo spunto per raccontare la storia di una band il cui impatto estetico, concettuale e musicale resta tutt’oggi pertinente e attuale. Il documentario “Kraftwerk Pop Art”, che Rai Cultura propone oggi alle 24.00 su Rai5, racconta come un gruppo di avanguardisti tedeschi ha cambiato la storia della musica. Nati nel 1970 a Dusseldorf dal sodalizio artistico di Ralf Hütter e Florian Schneider, i Kraftwerk sono stati i pionieri della sperimentazione elettronica e creatori di un’estetica industrial chic con ibridazioni formali che riportano al costruttivismo russo: un Futurismo per una nuova umanità. Non è una semplice pop-band. Sono stati i cronisti culturali dell’interfaccia Uomo-Macchina. Con l’album “Computer World” fanno cantare le macchine negli anni in cui i personal computer non esistono ancora. Molto prima dei telefoni cellulari, anticipano il linguaggio asciutto degli sms nei loro testi. Presagiscono un presente in cui il mondo dei computer ci collegherà indissolubilmente a quello reale, la percezione del quotidiano visto attraverso il bagliore dei pixel con la colonna sonora di suoni generati dalle macchine, in cui riescono a infondere una struggente poetica. Poco importa che della formazione originale sia rimasto un solo membro: i Kraftwerk sono una mostra vivente, un’installazione in costante flusso, un concetto, una visione.