Nel 1987 sarebbe dovuto uscire con il titolo di ‘The Funk Bible’. Prince Rogers Nelson, però, fece un sogno rivelatore sulla natura maligna dell’album che lo convinse a mandare al macero le 500 copie stampate. Non tutte furono distrutte: oggi, trent’anni da quel giorno, uno dei vinili torna alla luce
Il 7 giugno Prince avrebbe compiuto sessant’anni se un’overdose accidentale di Fentanyl, un oppiaceo sintetico cinquanta volte più potente dell’eroina, non l’avesse ucciso il 21 aprile del 2016. In questi due anni trascorsi, però, la sensazione è quella che Prince non se ne sia andato davvero: il materiale inedito che periodicamente sbuca fuori dal suo Vault, l’archivio a Paisley Park, o le scoperte e i ritrovamenti di musica vecchia e nuova in giro per il mondo fanno ancora parlare di lui. Come la notizia, ultima, dell’esistenza di una delle cinquecento copie del suo The Black Album, ritrovata in Canada.L’anno è il 1987, sarà uno dei più importanti per Prince, e quello che è oggi conosciuto come l’album nero, sarebbe dovuto uscire con il titolo di The Funk Bible (vedrà la luce nel 1994, come sedicesimo disco dell’artista, ma solo in formato dvd e audiocassetta). Tuttavia un sogno, una epifania spirituale convincono Prince che si tratta di un ‘album maledetto’ e quindi la decisione è di distruggere tutte le cinquecento copie in cui era stato stampato il vinile. E Prince, come moltissimi altri, era convinto che tutte le copie fossero state eliminate, ma l’anno scorso qualcuna è riapparsa negli Stati Uniti e oggi una ulteriore copia è stata ritrovata in Canada, salvata e conservata da un ex dipendente della Columbia Records che nel 1987 lavorava proprio nello stabilimento dove si distrusse (quasi) ogni traccia del disco. Il vinile è ora in vendita per circa 28mila dollari, poco se confrontato a uno degli altri dischi ritrovati e venduto per 40mila dollari. The Black Album (il riferimento è al White Album dei Beatles), con la copertina totalmente nera, senza titolo o immagine di Prince, doveva essere un ritorno al suo pubblico afroamericano, dopo le critiche ricevute che accusavano il cantante di un eccessivo avvicinamento alla musica pop. In realtà tra l’allegro omaggio alla top model Cindy Crawford, Cindy C. e l’ironica Dead on It che prende di mira i musicisti hip hop, l’album finisce per contenere anche una delle canzoni più eccentriche di Prince: Bob George. La storia è quella di un uomo che sospetta che la sua ragazza lo tradisca con un individuo di nome Bob. Bob altri non è che il manager di Prince che di lui dice: “quello stronzo magrolino con la vocina stridula”. La conclusione, drammatica, vede la donna uccisa per mano del suo compagno che è poi accerchiato dalla polizia.Prima che Prince decidesse di distruggerlo, The Black Album doveva essere il seguito naturale di uno dei suoi più grandi successi, sempre del 1987, Sign o’ the Times. Dal tour per quell’album (che lo porterà per la prima volta anche in Italia, con quattro date al Palatrussardi di Milano) Prince realizza pure un film concerto: con una band nuova di zecca, con la ballerina Cat Glover, la tastierista Boni Boyer, il bassista Levi Seacer Jr., il chitarrista Miko Weaver, la batterista Sheila E. (alla quale Prince chiese di sposarlo, proprio durante il tour) e il tastierista Dr. Fink, già membro dei The Revolution, Prince propone il meglio del doppio album inframmezzandolo a jam session e omaggi, come quello al jazzista Charlie Parker. Proprio questo film, fino a poco tempo fa fuori catalogo negli Stati Uniti, sarà proiettato oggi al New Beverly, il cinema di Quentin Tarantino a Los Angeles, per festeggiare quello che sarebbe stato il sessantesimo compleanno dell’artista di Minneapolis. Non è l’unico evento in programma per ricordare Prince: per tutto il mese di giugno, infatti, anche a New York ci saranno eventi a tema.Nato a Minneapolis, Prince Rogers Nelson è figlio di genitori afroamericani: John Lewis Nelson, pianista, e Mattie Della, cantante jazz. Che la musica gli si sarebbe attaccata addosso era praticamente già scritto, che nella sua carriera avrebbe prodotto più di trenta album e venduto oltre cento milioni di dischi (pochissimi gli artisti al mondo ad aver fatto come lui) no. E invece Prince comincia prestissimo: a sette anni scrive la sua prima canzone, Funk Machine e poi, nel 1978, quando di anni ne ha venti, sa suonare ventisette strumenti e da un anno è già sotto contratto con la Warner, pubblica il primo album, For You. I successivi quattro arrivano velocissimi a distanza di un anno uno dall’altro: Prince nel 1979, Dirty Mind nel 1980, Controversy nel 1981 e 1999 nel 1982. È lui una macchina, la macchina del Funk.Ma il suo più grande successo deve ancora arrivare: Purple Rain esce nel 1984 ed è tuttora uno degli album più acclamati dalla critica, tredici volte disco di platino. Prince è premiato anche con l’Oscar alla migliore colonna sonora quando alcuni dei brani di Purple Rain vengono utilizzati nel film omonimo uscito sempre nel 1984. Il colorato Around The World in a Day (1985) e Parade (1986), colonna sonora del film Under the Cherry Moon nella quale è contenuta Kiss, sono gli altri due registrati con la band, The Revolution, che però Prince abbandona l’anno successivo.Il 1987, dicevamo, è un anno importante: Prince si chiude in studio da solo e ne esce con un doppio album (che in realtà sarebbe stato un triplo, se la sua etichetta non si fosse opposta), Sign o’ the Times. Sarà il risultato del più grande sforzo in termini di scrittura e di performance per il musicista, un viaggio all’interno di tutti i generi musicali che Prince aveva raccolto: dal rock al soul, dal funk alla ballad spirituale. I testi sono un condensato delle principali tematiche della sua poetica, ci sono il sesso, la spiritualità, la gelosia, i rimpianti, la paura. Sullo sfondo un decennio, gli anni Ottanta.Ma il 1987 non è solo l’anno di Sign o’ the Times, anche quello di Paisley Park. Costruito a Minneapolis diventerà lo studio di registrazione di Prince e, di fatto, la sua residenza, con spazi riservati alla pratica della meditazione e sale concerti dove l’artista si esibiva per selezionati amici. Oggi aperto al pubblico, con visite guidate di settanta minuti circa, Paisley Park è anche il luogo dove Prince è stato ritrovato senza vita nel 2016. Ad aprile di quest’anno si è chiusa, senza l’individuazione di responsabili, l’indagine sulla morte del cantante: Prince prendeva pillole di Fentanyl pensando di assumere Vicodin, un antidolorifico, ma non è possibile stabilire chi gli abbia dato le pillole. Non ci sono prove, ha spiegato il giudice che si è occupato del caso, per determinare chi procurò all’artista gli antidolorifici oppiacei contraffatti. Quindi nessuna incriminazione. Paisley Park però non è ferma a quel giorno tragico perché è sempre lì che è custodito il Vault di Prince, il suo archivio stracolmo di materiale che, periodicamente e un po’ alla volta viene fuori, proprio come se l’artista fosse ancora vivo. Qualche giorno prima del secondo anniversario dalla sua morte, ad esempio, da Paisley Park è sbucata la versione originale del suo brano iconico, Nothing Compares 2 U, quella registrata nel 1984, la stessa sessione di Purple Rain. Poi brani per un disco di inediti che uscirà il 28 settembre e video e foto rari che confluiranno in un nuovo sito internet a Prince dedicato.Gli anni Novanta sono per Prince quelli dell’inizio della lotta con la sua etichetta, la Warner. “Ci trattano come schiavi”: Prince lamenta i limiti alla creatività imposti dalla major, così, come se non fosse già abbastanza prolifico, inizia a sfornare un album dietro l’altro per soddisfare i suoi obblighi contrattuali e, quindi, liberarsi. Uno degli ultimi album con l’etichetta, Come, è probabilmente il suo meno venduto in assoluto. Divorzia dalla Warner nel 1996 e nel frattempo ha già cambiato il suo nome con ‘Love Symbol’, di fatto una combinazione impronunciabile dei simboli dell’uomo e della donna. Perciò in questi anni ci si riferirà a lui come “l’artista prima conosciuto come Prince”.I lavori che seguiranno non riusciranno però a eguagliare in termini di successo i suoi primi album. Nel 2000 Prince recupera il suo nome e nel 2004 parte della sua reputazione con il ventisettesimo disco, Musicology. Tuttavia non perde la sua attitudine di artista contro: nel 2015, ad esempio, ritira i suoi brani dalle piattaforme streaming per cederli a Tidal, la società del rapper Jay-Z. Solo così, sosteneva Prince, si sarebbe potuto “ripristinare il valore della musica”, affidandosi a “un servizio di proprietà degli artisti”. Nel 2017 la Warner ottiene che, almeno per quel che riguarda il materiale pubblicato con quella etichetta, la musica di Prince torni su tutte le piattaforme streaming. Siamo contenti noi, Prince forse non lo sarebbe, è sempre stato molto protettivo con la sua musica, ma è solo grazie a questo atteggiamento se ora dal Vault, dove per anni Prince ha chiuso, quasi nascosto, la sua musica, continuano a venire fuori sorprese.
Giulia Echites, repubblica.it