Una chiacchiera tra amici, nel centro di Roma, davanti a un bicchiere di vino e a scaffali sui quali fa capolino la storia della musica a 33 giri, da Prince ai Pink Floyd, passando per Sting e i Rolling Stones. Luca Barbarossa e Francesco De Gregori si sono dati appuntamento ieri sera per raccontarsi e per presentare il vinile di Roma è de tutti, l’ultimo album di Barbarossa, “in lingua romana“, come tiene a precisare il cantautore, uscito a febbraio durante la partecipazione al Festival di Sanremo con Passame er Sale. Tra battute e siparietti, è l’occasione per parlare di musica, di Roma, di bellezza e di arte. E di vinili. “Quella del vinile è una filosofia d’ascolto – sottolinea Barbarossa – Perché permette di scoprire un disco per come è stato concepito, nella sua struttura d’insieme. E questo vale anche per il mio, che è una storia fatta di tanti episodi che sono i brani”. “Il vinile – aggiunge De Gregori – in tempi in cui si è perso il concetto di ascoltare una canzone dall’inizio alla fine, permette un ascolto più umano rispetto al cd. E poi, diciamolo, il cd è un oggetto plasticoso, difficile da aprire con quella sua plastichetta, alla quale io di solito do fuoco. Ecco – scherza poi, scatenando anche l’ilarità del suo ospite -: la crisi del cd nasce dal fatto che nessuno riusciva ad aprirli”.
Nella Vinyl Room di via della Frezza (aperta dai figli di De Gregori), l’atmosfera è rilassata, anche se in molti sono stati costretti a rimanere ad ascoltare fuori. “Al bar abbiamo detto che ormai siamo una coppia di fatto – racconta Barbarossa – e lui ci ha risposto che a Roma non è mai stato un problema. Anche questa è la bellezza della città eterna”. Roma è il filo conduttore dell’incontro. Con la sua lingua, che nel disco trova una simbiosi con il suono (“un romano non antico, né quello svaccato di certi film o di certa tv, ma il romano del quotidiano, parlato da tutti”) al pari della musica napoletana e che lo rende “il mio album più internazionale, perché più ci avviciniamo alle radici e più siamo veri”, per certi riferimenti culturali (da Romolo Balzani, a Petrolini, a Gabriella Ferri, ad Antonello Venditti), ma anche per i suoi mille problemi. E De Gregori, pentendosi subito dopo, si lascia andare a un commento “politico”. “Roma ha bisogno della collaborazione degli artisti per sopravvivere, per migliorare, per educarsi ed educare gli altri. Nessun sindaco lo ha mai fatto: chiamare gli artisti, cantanti, pittori, scultori, perché senza questo non può ripartire, c’è bisogno di sensibilità, di bellezza, di consapevolezza”.
Ansa