L’attore e regista nelle sale con una commedia degli equivoci che già aveva portato a teatro. Con lui Tosca D’Aquino, Iaia Forte, Massimiliano Gallo
«Io sono un teatrante, lo dico senza vergogna». Per il suo ultimo film, Una festa esagerata che Medusa manda in 350 sale, Vincenzo Salemme ha pescato proprio dalla sua esperienza in palcoscenico, adattando per il cinema (con l’aiuto dell’amico Enrico Vanzina) un suo successo teatrale. Una commedia degli equivoci giocata intorno ai preparativi per la festa per i 18 anni della figlia di Gennaro Parascandolo, messa a rischio dalla morte improvvisa del vicino del piano di sotto. «Un omaggio dichiarato a Eduardo De Filippo. Nello spettacolo in teatro, il dirimpettaio della famiglia si chiamava Eduardo. Anche il film è un tributo a quel modo di guardare la vita, a quei capofamiglia che non si rassegano all’andazzo generale, come il Luca di Natale a casa Cupiello». Un uomo onesto, piccolo eroe della quotidianità affezionato a regole neglette. «Se lo chiamano “ingegnere” puntualizza: “no, sono geometra”. Paga le multe e le tasse. È convinto che le regole servano, eccome. Il peggior servizio reso dalla politica è di aver reso il cittadino irrispettoso della legalità. Il disprezzo della legge è la rivoluzione dei mediocri». Si ferma qui, la sociologia, dice, non fa per lui. Ma una cosa ci tiene a dirla. «Osservo ogni giorno con preoccupazione il fenomeno dei femminicidi, un’emergenza. Si continua a parlare di immigrazione e poi sono i mariti che ammazzano le mogli».
Napoli
Intorno a sé l’attore e regista napoletano ha riunito parte della sua famiglia artistica: Tosca D’Aquino («Per me una sorella minore»), Nando Paone («Ci conosciamo dai tempi del liceo, insieme poi in compagnia con De Filippo»), Iaia Forte («Ha il coraggio degli attori colti»), Massimiliano Gallo («Bella faccia da duro che sa far ridere»). E poi, Francesco Paolantoni, chiamato a dare vita a un personaggio solo evocato nella commedia e James Senese che fa se stesso. E i più giovani, Andrea De Maria e Mirea Stellato. «Un cast assemblato come una compagnia teatrale». Diverse facce di una città che in campo artistico vive una stagione fortunata. «Vedo Napoli più tranquilla, la vivo come un paradiso ma io sono privilegiato. In generale, il mondo mi pare meno allegro di quello in cui mi sono formato». A proposito di tristezze, da tifoso della nazionale, si dice già a lutto per un’estate senza Italia al Mondiale. Il suo Napoli, in compenso, lo riempie d’orgoglio. «Quello di Maradona ci fece piangere, era un fenomeno. Il Napoli di Sarri invece è rappresenta quella cultura millenaria dell’eccellenza che è l’anima della città che io amo di più».
Stefania Ulivi, Corriere.it