Vi proponiamo una lettera aperta di Alma Manera all’ex Ludovico Fremont. Ve li ricordate quando stavano insieme? Ricordate il loro amore? È stato un sogno di felicità vissuto dalla cantante, – lanciata da Paolo Limiti, e figlia del regista Gianni Manera (i cinefili, certamente, ricordano il film La lunga ombra del lupo) -, e dal divo dei Cesaroni. Purtroppo questo sogno d’amore si è presto interrotto. Comunque ha donato un dolce frutto: l’arrivo della piccola Regina. La lettera che state per leggere è stata originariamente pubblicata da Di Più, settimanale diretto da Sandro Mayer. La lettera è uno sfogo, una risposta a distanza all’ex compagno che su DiPiùtv, ha parlato positivamente della sua vita da papà. Una vita fatta di amore e dedizione per la piccola e di felice cordialità con la sua ex. Alma Manera, però, la pensa diversamente. E accusa Fremont di aver avuto, con lei e la bambina, dei comportamenti scorretti. Buona lettura.
(Alma Manera per DiPiù) Fino a oggi, Ludovico, ho taciuto per pudore, perché questa storia non è certo da emulare. Ho cercato di contenere la rabbia, perché non é una buona consigliera, e di dimenticare il dolore. Ho cercato di andare avanti facendo finta di nulla. E l’ho fatto solo per lei, per mia figlia Regina. Ma adesso basta. È ora di dire la verità, una volta per tutte. L’autenticità per me è un valore ed è un dovere smentire dichiarazioni non veritiere. È ora di togliere la maschera da bravo ragazzo che indossi, che hai “indossato” per l’ennesima volta durante una tua recente intervista al settimanale Dipiùtv. “Voglio essere un super papà sempre pieno di energie perché devo occuparmi di mia figlia da solo…” queste le tue parole. Quando ti sei occupato da solo della bimba? Fammelo sapere. Un’ intervista dove, fra le altre affermazioni, hai dichiarato che da quando ci siamo lasciati, ti sei sempre occupato di nostra figlia, che sei sempre stato un padre presente, premuroso e affettuoso e che non hai avuto nuove storie. Ma sono bugie. Sono tutte bugie e tu lo sai bene. La verità è che, da quando è nata la piccola, ti sei abbondantemente fatto la tua vita. Ho dovuto affrontare tanti ostacoli ed i tuoi gesti irresponsabili hanno generato diverse conseguenze, non certo belle. Ma era questo che desideravi: mettermi in difficoltà.Ti sei dichiarato un mio nemico e hai detto che avresti distrutto me, la mia famiglia,i miei amici. L’amore immenso che provo per Regina, che per me e’ un dono del cielo, mi ha dato la forza di superare tutte le avversità con il sorriso. Le tue mancanze di rispetto, prima e durante la gravidanza, sono purtroppo continuate anche dopo la nascita della piccola, così come la tua gelosia immotivata, il tuo essere competitivo ed egoista e altre cose su cui scelgo di tacere ancora. Eravamo due mondi diversi, è vero. Ma speravo che, una volta nata la bambina, ci saremmo impegnati per superare tutto. E invece, da quando è nata nostra figlia, tu mi hai fatto passare l’inferno. Già: nella tua intervista tu hai dichiarato che ti sei subito occupato di Regina, fin da quando è venuta al mondo. Che hai subito imparato a farle il bagnetto, a cambiarle il pannolino, e a farla addormentare. Ma sei proprio sicuro di quello che dici? Perché io tutto questo non me lo ricordo. Rammento invece molto bene che il tuo entusiasmo per la nascita di nostra figlia è durato un giorno. Forse due. Di certo, era già svanito quando siamo tornati a casa dall’ospedale. Dicevi che eri stanco, che ti dovevi riposare, che saresti andato in Francia e che avevi comprato le lezioni per il patentino nautico, perché volevi fare l’esperianza di skipper sulle barche. Altro che accudirla. Altro che stare con lei. Mi sono ritrovata a dovere fare tutto, ma proprio tutto, da sola. E pensa che, all’inizio, ho pure cercato di capirti, di comprenderti: perché l’arrivo di una neonata sconvolge la quotidianità, cambia radicalmente i ritmi di vita, e ci vuole un po’ di tempo per abituarsi. Perciò ho cercato di avere pazienza, di darti tempo, appunto. Ma i giorni passavano e la situazione, invece di migliorare, peggiorava. Una neonata avrebbe bisogno di sentire il calore e l’affetto di suo padre, di averlo sempre vicino per imparare a conoscerlo. E invece io ero sempre sola. E mi sentivo sempre più sola. Giorno dopo giorno, la convivenza è diventata insopportabile. Ti ricordi? Era agosto e ti avevo chiesto di andare insieme in Calabria per stare un po’ al mare e far conoscere Regina al resto della mia famiglia. Non sei voluto venire. Pensavo che cambiare aria ci avrebbe fatto bene, magari il nostro rapporto, anche se era già in crisi, si sarebbe potuto salvare. E invece, tu non solo non sei voluto venire, ma per giorni e giorni sei stato irreperibile. Non sapevo dove fossi: non rispondevi al telefono. Eri andato al lago. Davvero un modo strano per affrontare la sofferenza che hai detto di avere provato per la fine della nostra storia, non credi? In quei giorni ho capito che forse, tra noi, non c’era più niente da fare. La sola volta in cui siamo riusciti a sentirci mi hai detto che il peggio doveva ancora venire. La tua mancanza di sensibilità mi preoccupava. Infatti quello che hai fatto dopo, davvero, non lo potevo immaginare. E ancora oggi, a distanza di anni, faccio fatica a parlarne, a descriverlo. Quando siamo tornate dalla Calabria, tu hai lasciato nostra figlia in mezzo alla strada, nel vero senso della parola: perché la nostra casa che avevamo preso per la bambina, non c’era più. Senza avvisarmi, avevi disdetto il contratto di affitto e avevi portato via tutto: mobili, corredino della piccola, i miei vestiti. Mi sono ritrovata all’improvviso e con grande sorpresa con una neonata di appena un mese, senza casa. Oltretutto c’era una fideiussione a mio nome sull’abitazione perché mi ero assunta tutte le responsabilità. Grazie a Dio, a Roma vive mia madre e siamo andate da lei. Ma quello che ho provato quel giorno, non lo dimenticherò mai. E ancora oggi mi chiedo: perché lo hai fatto? Perché tanto odio? Volevi farmela pagare? Ma quale era la mia colpa? Perché, per colpire me, hai dovuto colpire anche tua figlia? Sono domande che mi pongo ancora oggi, cui non trovo risposta Da quel momento, fra noi, la situazione è totalmente degenerata. Per mesi e mesi non hai neanche visto la piccola. Andavi in giro a dire che ero io che ti impedivo di vederla: ma questo non è vero, tu lo sai bene, e ci sono decine di e-mail che lo possono dimostrare. Ho sempre messo il bene della bambina sopra tutto e tutti e non ti ho mai impedito di vederla. Tutt’altro. Peccato che tu la volessi vedere solo quando ti faceva comodo, quando non avevi altro da fare, infischiandotene delle sue esigenze, dei suoi ritmi e del fatto che io la stessi ancora allattando. Alla fine, per trovare un accordo, ci siamo dovuti rivolgere agli avvocati: e per me, questa è stata una grande delusione. Siamo finiti in tribunale. Anche in questa fase sei riuscito a farmi vedere il tuo vero volto. Ricordi quella volta che le hai comprato un triciclo? Ma poi, quando l’hai riaccompagnata a casa, te lo sei portato via, lasciando la bimba in lacrime? Questo è solo uno dei tanti episodi di cui potrei parlare. E ancora oggi mi chiedo: perché tanta cattiveria? Nostra figlia ha diritto di crescere in un ambiente sereno. Ed è quello che ho fatto fino a oggi. Se parlo adesso è solo perché sono stanca di sentire falsità. E non voglio che accada più. Ora lei ha quasi tre anni e desidero continuare a proteggerla. E vorrei che anche tu facessi altrettanto.