La tv “normale” su smartphone, con tutti i suoi canali. Finalmente, quella vera. Che funziona bene, su ogni tipo di cellulare. E che è pure super economica. È quella che avremo grazie alla rete 5G: un evoluzione che molti esperti considerano “inevitabile”. Perché la tv normale su 5G significa che avremo una rete unica per tutte le comunicazioni elettroniche wireless: sia quelle televisive sia quelle internet.
Una rivolzuione, anche per l’economia e la vita delle emittenti tv tradizionali; ma non una visione solo teorica. Molti ci sperimentano e in prima fila c’è la Germania, dove questa settimana l’Istituto tedesco sulle tecnologie broadcast, IRT, ha avviato un progetto che per arrivare, alla fine del 2018, alle prime trasmissioni sperimentali tv su reti 5G. Ha Rohde & Schwarz e Kathrein come partner tecnologici e degli operatori Telefónica Deutschland e Bavarian public broadcaster Bayerischer Rundfunk (BR). La nostra Rai, con la BBC, ha collaborato con IRT “per definire le specifiche per il servizio broadcast su reti 5G. Ora stiamo per entrare nella fase di test per la successiva standardizzazione”, ha detto Jochen Mezger, Head of the Network Technology Department dell’IRT.
“Ci lavorano molto anche gli Stati Uniti e il Regno Unito”, spiega Valerio Zingarelli, che quando era CTO di Rai ha guidato la ricerca in questo campo. Ora è amministratore delegato di Polymnia, società strumentale, no profit, della Fondazione Venezia (si occupa tra l’altro di innovazione e smart city).
“Tecnicamente si tratta della tecnologia multicast stand alone. Ossia la possibilità di inviare il segnale televisivo a qualsiasi dispositivo con chipset 5G. Senza bisogno di sim né di chip o antenne dedicati a questa tecnologia”, aggiunge.
A differenza dello streaming internet su cellulare, sarebbe un servizio “broadcast”, da uno a molti, proprio come la tv normale. “Di conseguenza potrebbe essere molto economica e non consumare i nostri GB”, spiega Zingarelli.
Anche il Dvb-h prometteva la tv su cellulare in questo modo, ma non è mai decollato perché richiedeva appunto un hardware specifico, che solo pochi smartphone montavano. Promesse simili al multicast stand alone su 5G erano associazione all’Lte, con la tecnica Lte Broadcast, “che però non è mai stata utilizzata; richiedeva infatti una giusta conformazione di frequenze, di rete e torri. Problemi risolti dal 5G, che ha molta più banda ed è completamente IP”.
Poiché la tv su 5G non richiede la sim, inoltre, “permette di disaccoppiare l’operatore tlc da quello tv, che quindi può agire in autonomia, proprio come fa adesso. Ma lo stesso motivo darebbe anche agli over the top più margine di azione”, continua Zingarelli.
Insomma, tutti questi fattori convergono nel dare agli utenti il vantaggio di una tv completa, come quella che ora arriva alla tv, anche sugli smartphone, con garanzia di qualità e prezzi bassi.
C’è poi anche un vantaggio di sistema. “Avere una rete unica per la tv e internet mobile significa ottimizzare molto le risorse e migliorare tantissimo le economie di scala dei servizi e prodotti”, spiega Zingarelli. Con un effetto sui costi in capo agli operatori, sui prezzi per gli utenti; ma anche con una ottimizzazione dell’uso delle frequenze: il che permetterebbe di liberarne altre dalle tivù a favore della banda ultra larga.
Certo dietro questa rivoluzione tecnologica ci sarebbe anche un terremoto per le economie e il ruolo degli operatori televisivi, che dovrebbero intervenire sulla propria rete e forse cedere altre frequenze. “Ci vorrà tempo, ma è inevitabile: portare tutto su 5G dà vantaggi troppo grandi al sistema”, prevede Zingarelli. “Ritengo quindi che potrà avvenire a partire dal 2025, una volta completata la migrazione dal Dvb-t1 al Dvb-t2”.
Alessandra Longo, Il Sole 24 Ore