Sacrosanta la denuncia della violenza, controproducente l’onda “puritana” che ha invaso media e social network dopo il caso Weinstein: in prima su ‘Le Monde’, lanciano un appello controcorrente un centinaio di donne, attrici, registe, scrittrici, giornaliste. Fra queste, Catherine Deneuve, che dall’inizio della vicenda ha mantenuto una posizione decisamente defilata. Femminismo non significa “odiare gli uomini e la sessualità”, proclamano le firmatarie dell’appello in una “tribuna” pubblicata dal quotidiano. Tra le firme, la giornalista Elisabeth Levy e la scrittrice Catherine Millet, molte attrici, artiste, editrici, scrittrici. Tutte d’accordo sul fatto che le iniziative come l’hashtag #metoo siano state meritorie nel “liberare la parola” delle donne. Ma tutte altrettanto decise nel condannare che #metoo abbia “comportato, sulla stampa e sui social network, una campagna di delazioni e accuse pubbliche di individui che, senza che si lasci loro la possibilità di rispondere o di difendersi, vengono messi esattamente sullo stesso piano di violentatori. Questa giustizia sbrigativa – continuano le donne nella loro denuncia – ha già fatto le sue vittime, uomini puniti nell’esercizio del loro lavoro, costretti a dimettersi, avendo avuto come unico torto quello di aver toccato un ginocchio, tentato di strappare un bacio, o aver parlato di cose ‘intime’ in una cena di lavoro, o aver inviato messaggi a connotazione sessuale a una donna che non era egualmente attirata sessualmente”. Proprio su quest’ultimo punto, la distinzione netta fra la “violenza sessuale“, che è “un crimine” e il “rimorchio” che “non è neppure un reato”, si concentra la battaglia delle 100 controcorrente: “noi difendiamo la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale”, siamo “abbastanza mature” da “non confondere un goffo tentativo di rimorchio da un’aggressione sessuale“. Deneuve e le altre, “in quanto donne”, gridano il loro desiderio di “non riconoscersi in questo femminismo che, al di là della denuncia degli abusi di potere, assume il volto dell’odio verso gli uomini e la sessualità”. Niente a che vedere con le battaglie giuste e sacrosante, ma la confusione si ritorce contro le stesse vittime: “la donna, oggi, può vigilare affinché il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo, ma non sentirsi traumatizzata per tutta la vita se qualcuno le si struscia contro nella metropolitana“. Le repliche non si sono fatte attendere. A capeggiare la rivolta femminista è la militante Caroline De Haas, che ha raccolto una trentina di firme per denunciare l’iniziativa di Deneuve & C. De Haas, intervistata da France Info, ha detto fra l’altro: “Le firmatarie della lettera apparsa su ‘Le Monde’ sono per la maggior parte delle recidive in materia di difesa di pedocriminali o di apologia dello stupro”. “Questa lettera – si legge nel testo delle femministe – sembra un po’ quel collega fastidioso, quello zio noioso che non capiscono quello che sta succedendo. Appena si fa un passo avanti nell’eguaglianza, anche se di mezzo millimetro, delle anime pure ci mettono subito in guardia sul fatto che rischiamo di cadere nell’eccesso. Ma nell’eccesso ci siamo in pieno, in Francia ogni giorno centinaia di migliaia di donne sono vittime di molestie, decine di migliaia di violenze, centinaia di stupri. Ogni giorno. La caricatura è questa”. Insomma, “i maiali e i loro alleati/e si preoccupano – concludono le femministe – e fanno bene. Il loro vecchio mondo sta per scomparire. Lentamente, troppo lentamente, ma inesorabilmente. Qualche reminiscenza polverosa non cambierà niente, anche se pubblicata su Le Monde. Su Twitter e altri social network, poi, le firmatarie della tribuna e in particolare Catherine Deneuve sono state prese di mira. E’ stato creato l’hashtag “#denuncialafalsafemminista“, è stato scritto “se volete molestare sessualmente, violentare, toccare i seni, il sedere, di Catherine Deneuve, andate pure, non dovrebbe darle fastidio“. L’attrice viene definita, fra l’altro, “pollastrella”.
Cinecittànews