Monsignor Viganò racconta la rivoluzione mediatica della Santa Sede: niente più radio e tv, arriva il portale unico

Monsignor Viganò racconta la rivoluzione mediatica della Santa Sede: niente più radio e tv, arriva il portale unico

Monsignor Dario Viganò, prefetto della Comunicazione vaticana: una redazione unica per tutti i canali, il Papa è d’accordo

Monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione

«Cosa non andava? Le riforme non si fanno perché qualcosa non va. Si fanno perché cambiano i tempi». Monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, ha illustrato ieri al Papa e al Consiglio dei nove cardinali la riforma dei media della Santa Sede. A giorni andrà in Rete il nuovo portale unico, www.vaticannews.va, in versione «beta», non definitiva. Tre nuovi loghi identificheranno la comunicazione vaticana. Niente più radio, tv, casa editrice o altri media distinti. Da gennaio sarà «accorpato» anche l’Osservatore Romano, seppure «mantenendo la sua identità». Tutto farà capo alla «direzione editoriale» del dicastero. Il processo è «aperto», ma niente sarà come prima.

Che succede, monsignore?
«Non bisogna confondere la riforma con il portale, che ne è solo un effetto. La riforma è un nuovo sistema “agnostico”, definito assieme ad “Accenture Interactive”, che non è pensato per un medium particolare ma permette un nuovo modello di produzione, fondato sulla gestione unitaria».

Ma perché?
«Qualunque studioso oggi ti dice che il profilo identitario di un medium non esiste più. Un tempo tv faceva la tv e non poteva fare la radio, la radio faceva la radio ma non la tv… Ormai è passato, siamo anzi un po’ in ritardo. Le identità confluiscono, il digitale impone un approccio multimediale».

Come farete?
«Ci sono due riunioni giornaliere e si decidono i temi che vengono sviluppati in base alle richieste dei vari canali, il portale, la radio, i social eccetera. Un giornalista potrà lavorare per l’uno o l’altro, è un gioco di squadra. Si preparerà un testo per il portale, con il podcast, un servizio radiofonico, un video e così via».

Niente più redazione della Radio vaticana, della tv…
«No, c’è un’unica redazione multilinguistica. Nel Centro editoriale multimediale confluiranno progressivamente 350 tra redattori e tecnici. Devo ringraziare i giornalisti che si sono sobbarcati un lavoro straordinario tra formazione e impegno quotidiano…».

Che succederà a chi cercherà il sito della Radio?
«Verrà reindirizzato al portale. Ma ci sono altri aspetti, ad esempio i nuovi loghi. Avevamo simboli storici, nati però in epoche diverse. Oggi si faceva fatica a mettere insieme la radio, il centro televisivo, la libreria editrice…Abbiamo lavorato sull’identità del brand: per dare l’idea di una grande famiglia con vari canali».

E i loghi storici? Non è un rischio accantonarli? La Radio creata da Marconi…
«Vengono congelati. Non è stato facile. Però il Papa ci ha detto: riforma non è “imbiancare un po’ le cose” ma dare “un’altra forma”. Del resto rimane “Radio Vaticana Italia”».

Perché solo «Italia»?
«Perché l’emittente radiofonica è in Italia. Nelle altre lingue erano portali, magari con 10 minuti al giorno di trasmissione: diverranno podcast».

Da gennaio si completerà l’ «accorpamento» con l’«Osservatore». Che succederà al giornale? Rimarrà su carta?
«L’Osservatore è una testata storica. Diciamo che entreranno tutti nella Segreteria. Poi, anche in base alle indicazioni che ci daranno i nove cardinali e la Segreteria di Stato, valuteremo come mantenere la sua riconoscibilità. Non cambierà il nome. Il problema è capire come diffonderlo meglio, non sappiamo ancora. L’essenziale è che si aprano i processi, dice il Papa. La riforma è aperta, ci vorranno anni perché vada a regime, vedremo col tempo».

Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera

Torna in alto