Il finanziere bretone Bolloré spinge con la sua Vivendi per una piattaforma di contenuti alternativa al colosso californiano
Il re dei media francesi, Vincent Bolloré, patron della holding Vivendi, muove le sue pedine per difendere gli affari dalla concorrenza di Netflix. Tim e Canal+, entrambe partecipate dalla compagnia del finanziere bretone, formeranno una joint venture con cui dare “un’importante accelerazione dei progetti di convergenza fra telco e media”, come si legge nella nota del consiglio d’amministrazione della compagnia telefonica italiana, che ha votato l’intesa. “La joint venture si occuperà di produzioni e co-produzioni, sia italiane che internazionali, nonché dell’acquisizione di diritti, anche sportivi”, precisa l’ex monopolista di Stato.
A Bolloré pare essere riuscito con Tim il piano naufragato con Mediaset. Il finanziere bretone cerca una via d’uscita dalla crisi che attanaglia in patria la pay-tv Canal+. La società di consulenza nei media Informitv evidenzia che l’anno scorso la televisione ha perso 498mila abbonati in Francia, scendendo a 5,2 milioni di iscritti.
E già nel 2015 altri 316mila persone hanno disdetto l’iscrizione alla paytv. In compenso, fuori dai confini francesi, le ramificazioni Canal+ attraggono abbonati. L’Italia, quindi, offrirebbe un nuovo bacino di pubblico a film e fiction dei francesi.
L’alleanza con Tim, però, aggiunge un nuovo tassello: costruire una piattaforma digitale di distribuzione di quegli stessi contenuti. “Una Netflix europea”, come piace dipingerla al numero uno di Vivendi, che teme gli effetti a lungo termine della concorrenza della piattaforma californiana.
Bolloré è pronto a investire cento milioni di euro, distribuendo in Italia le produzioni di Studio Canal (25 ogni anno) e aggredendo il mercato dei diritti dello sport, calcio in primis.
La stessa Netflix è nel mirino dell’Unione europea. “Il Consiglio ha votato per aumentare al 30% la quota di produzioni comunitarie che la piattaforma dovrà distribuire“, spiega a Wired Italia Roberto Viola, a capo della direzione generale Connect della Commissione europea. Bruxelles sposava una linea più morbida, con una percentuale massima del 20%, ma nelle triangolazioni tra Commissione, Consiglio e Parlamento ha vinto la posizione più difensiva. Tra i suoi sponsor, il governo francese.
Non è casuale la nomina di Amos Genish come nuovo amministratore delegato di Tim. Il manager israeliano è uomo di fiducia di Bolloré. Nel 2009 a Vivendi ha venduto la sua creatura, Gvt, operatore di telefonia prima e pay tv nei mercati sudamericani. Prima di approdare alla poltrona in Tim si occupava della convergenza di contenuti, piattaforme e distribuzione all’interno della holding di Bolloré. E questo stesso lavoro intende proseguire in Tim, dichiarando di lavorare all’”aggiunta di video e contenuti multimediali oltre alla nostra connettività che è la best-in-class per garantire un’offerta sempre più convergente”.
L’offensiva sul versante media punta a difendere Tim dall’ormai imminente ingresso di Iliad sul mercato italiano. Il futuro quarto operatore mobile del Belpaese, che si inserisce nella casella lasciata vuota dopo la fusione H3G-Wind, è noto per le offerte low cost. Nonostante l’ex monopolista italiano abbia già preso provvedimenti, giocando la sua carta nel segmento con il lancio di Kena, l’investimento su cinema, fiction e televisione è un’ambizione che Tim coltiva da tempo e a cui Vivendi potrebbe dare slancio. La holding francese è la cassaforte finanziaria dietro colossi dell’intrattenimento: il gruppo musicale Universal, l’agenzia di pubblicità Havas, i videogiochi di Gameloft e Ubisoft.
Sulle mosse di Bolloré pende l’incognita della questione golden power. È il potere che il governo italiano può esercitare per blindare società considerate strategiche. Tim è una di queste e quando Vivendi ha acquisito il 23,9% delle quote, secondo il comitato di Palazzo Chigi avrebbe dovuto comunicarlo. La società francese non l’ha fatto e i legali ribadiscono che non fosse necessario. Tuttavia nelle scorse settimane Consob ha prodotto un approfondito documento per dimostrare che Tim è sotto il controllo di Vivendi. Di conseguenza la notifica era obbligatoria. Bolloré potrebbe rischiare fino a 300 milioni di euro di multa.
Lo scontro tra il governo italiano e il finanziere bretone è legato all’andamento delle relazioni tra Roma e Parigi. E il clima sembra più disteso, dopo l’accordo sulla fusione tra Fincantieri e Stx France nel settore della cantieristica navale. La politica potrebbe essere indotta a più miti consigli. E Tim, giocando d’anticipo, ha piazzato l’italiano Giuseppe Recchi, già presidente di Telecom e ora numero due della compagnia, a presidiare le funzione di sicurezza dell’azienda. Vigilerà su Sparkle e Telsy, rispettivamente la rete internazionale e gli apparati criptati, ossia le divisioni più delicate di Tim. Nel frattempo i piccoli azionisti della compagnia, riuniti in Asati, hanno scritto ai vertici della compagnia per spingere l’opzione di scorporo della rete. “L’azionista di controllo Vivendi”, scrive Asati, “potrebbe solo ricavarne benefici di diversa natura e tra l’altro limitando o recuperando completamente le perdite attuali”.
Luca Zorloni, wired.it