È scomparso a 91 anni Hugh Hefner, padre dell’erotismo di carta raffinato che con Playboy ha stravolto il comune senso del pudore. Il suo erotismo provocatorio e al tempo stesso pudico (non è un paradosso, pensate alla rivista porno, degli anni settanta, Hustler di Larry Flint o al primordio del cinema Hard di Gerard Damiano e dei fratelli Mitchell, i cosiddetti rappresentanti della Golden Age) ha imposto un immaginario dopotutto attuale. Egli, in tv, è stato molto presente nelle varie realtà internazionali, con l’ovvia presenza preminente nella televisione made in Usa.
Da noi è stato il superospite del festival di Sanremo nella trionfale edizione del 2009, condotta da Paolo Bonolis (che ha avuto tra gli autori Cesare Lanza – il quale è stato simpaticamente definito da Hefner “un degno concorrente italiano del patron di Playboy” – e Tony Eustor). La sua intervista/duetto con Bonolis (che potete vedere a questo link http://www.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-5d8d018f-18ec-4982-9638-3c6431cee4d5.html) è ancora oggi molto ricordata dai telespettatori.
Vogliamo ricordarlo pubblicando un articolo di Marta Lanza per la rivista L’Attimo fuggente, che uscì subito dopo il periodo sanremese. E’ un articolo/omaggio che racconta i retroscena dell’intervista di Sanremo e alcuni cenni importanti della biografia del rivoluzionario del costume.
Per la prima volta sul palco dell’Ariston il magnate americano che ha saputo creare un impero da una rivista, diventata un must per intere generazioni di uomini. E di donne
(di Marta Lanza per L’attimo fuggente, edizione n.10) Per l’uomo che non deve chiedere mai… Recitava così il claim di una vecchia pubblicità di un dopobarba maschile (quando ancora la parola dopobarba non era stata sostituita dal più internazionale aftershave). Ecco, leggendo la biografia di Hugh Hefner sembrerebbe proprio che il fondatore della leggendaria rivista per soli uomini sia l’incarnazione di quel claim.
Reduce dalla trionfale partecipazione al festival di Sanremo 2009, accompagnato dalle sue attuali fidanzate – le gemelle Karissa e Kristina Shannon – e dalle splendide playmate-conigliette che lo seguono ovunque, Hefner, ancora una volta, ha saputo catalizzare l’attenzione di giornalisti e mass media. E in realtà, sin dall’istante in cui il suo nome è stato pronunciato da Paolo Bonolis, durante la conferenza stampa di presentazione del Festival, si è scatenata una montagna di illazioni, curiosità e polemiche, perché Hefner non è certo un personaggio che passa inosservato e certo lui non lo desidera.
Si è subito favoleggiato sul numero di ragazze che avrebbe portato con sé, sull’intero albergo che avrebbe prenotato per ospitarle tutte, su alcune richieste davvero originali, come la suite con idromassaggio pirotecnico, le finte cameriere vestite in lattex, i cuochi – esclusivamente donne – che avrebbero cucinato solo per lui e il suo harem, l’obbligo di preparare solo ricette a base di cibi afrodisiaci…
Non sappiamo se tutto questo sia corrisposto a realtà, quello che però fa riflettere è che oggi pochissime persone, di certo Hugh Hefner, e pochissimi eventi, di certo il Festival di Sanremo, riescono ad interessare e a coinvolgere così massicciamente l’opinione pubblica. La combinazione dei due elementi è dunque sicuramente esplosiva.
Dicevamo pochissime persone, per pochissimi eventi: nello specifico, sfogliando l’album degli ultimi anni dell’italico festival, per risalire ad un personaggio che abbia concesso così tanto spazio alla fantasia, bisogna andare al 2005, ed in particolare alla partecipazione di Will Smith (sempre gestione Bonolis): all’epoca si favoleggiò che l’attore americano, per esempio, avesse chiesto di mangiare solo cibi italiani, possibilmente in ristoranti non di lusso, di avere con sé, oltre all’amata moglie, la madre, diversi assistenti, tre guardie del corpo, il truccatore, il parrucchiere di fiducia e il personal trainer e di noleggiare un camion per il trasporto dell’incredibile quantità di bagagli legato al così elevato numero di persone.
Anche in questo caso, non abbiamo riscontri che le cose siano andate esattamente così, e nemmeno, forse, ci interessa il dato oggettivo, ma è l’atmosfera da favola, l’alone di fascino che si sprigiona attorno a queste persone a divenire, questo sì, un dato oggettivo di interesse generale.
E per cercare di comprendere il perché di questo profondo coinvolgimento mediatico, bisogna, forse, fare un passo indietro ed ammettere che oggi, probabilmente, troppo spesso si abusa delle parole vip, divo, star attribuendole a persone, che, a conti fatti, di very important o di divino hanno poco o nulla. Così quando si percepisce che la persona che si ha di fronte (in televisione o al cinema) o della quale si legge, ha qualcosa in più, possiede quel famigerato e misterioso quid, allora se ne rimane conquistati. Quale, infatti, dovrebbe essere la caratteristica imprescindibile, vincolante di coloro che definiamo vip, divi, star? La capacità di far sognare o meglio di dare vita a un sogno.
Ed in questo, Hugh Hefner è stato ed è un maestro: il suo sogno – diventato poi il sogno di tanti – è iniziato molti anni fa, nel novembre del 1953, quando il primo numero di “Playboy” esce in edicola. In copertina la sensualissima e sorridente Marilyn Monroe, seduta su una coperta, che, ammiccando, saluta il lettore. Un trafiletto alla sua destra promette “per la prima volta su una rivista e a colori, le celebri foto di nudo dell’attrice”, mentre il sottotitolo specifica quella che oggi definiremmo la mission del magazine: intrattenimento per uomini.
A chiarire ancor meglio le intenzioni e lo scopo della rivista, l’editoriale che sottolinea la nascita di una nuova rivista per un nuovo lettore: “Se sei un uomo tra i 18 e gli 80 anni, “Playboy” è per te. Se ami l’intrattenimento, accompagnato da umorismo, raffinatezza ed un pizzico malizia, “Playboy” diventerà il tuo magazine preferito. E che sia chiaro sin dal principio, non siamo una rivista per famiglie”.
Fedele a questa promessa (l’unica forse alla quale sia rimasto fedele così a lungo), da quasi cinquantasei anni Hefner delizia intere generazioni di uomini: attraverso sofisticati e raffinati scatti fotografici i corpi delle donne vengono trasformati in icone del desiderio, letteralmente trasfigurati. Nascono così le magnifiche playmate, compagne di gioco, come la traduzione letterale della parola vorrebbe, o conigliette, come invece la traduzione italiana, più ironicamente, vuole. Ma che il termine sia playmate o coniglietta, come sostiene lo stesso Hefner once playmate, always playmate (una volta playmateconiglietta, lo si è per sempre).
Nato a Chigago nel 1926, Hugh Hefner cresce in un ambiente fortemente puritano ed è forse proprio questa visione “stretta” della vita che gli fa sentire forte l’esigenza di poter dar sfogo alla sua creatività: parole come edonismo, sesso, felicità, fantasia, amore ricorrono spessissimo nella sua biografia, dando vita a corpose pagine per spiegare quanto la ricerca e il raggiungimento di questi obiettivi siano costati fatica sia nell’ambito professionale sia in quello personale. Ambiti, tuttavia, mai nettamente distinti.
Infatti, dopo il primo matrimonio nel 1949 con Millie Williams – una sua compagna di classe – durato dieci anni, le compagne di Hefner saranno spesso le stesse protagoniste delle sue copertine. Ed esattamente nel 1989, a quarant’anni dal primo, sposa Kimberley Conrad, playmate dell’anno 1989. Oggi è fidanzato con le gemelle diciannovenni Karissa e Kristina Shannon.
Sebbene il gossip la faccia spesso da padrone nella vita di Hefner, la sua filosofia è sempre stata quella di fare di “Playboy”, sin dalla sua nascita, non solo una rivista da godere con gli occhi, che faccia sognare, ma anche una pubblicazione speciale per i suoi contenuti: da precursore, ha intuito l’importanza non solo dell’intervista come strumento di conoscenza ed approfondimento, ma anche di intervistare personaggi esclusivi, non usuali e per certi versi scomodi: dal divo Marlon Brando al dittatore Fidel Castro, dal ciclista Lance Armstrong all’attrice Nicole Kidman, tutti hanno posato per lui, sapendo che sarebbe stata una chiacchierata insolita. La rivista può contare, inoltre, su articoli di costume, moda, sport, politica dal taglio decisamente liberal, nonché su contributi letterari di autori famosi, come Arthur Clarke solo per citarne alcuni.
Ma non si può parlare di Hefner o di “Playboy” senza far accenno alla mitica centerfold o paginone centrale, che in questi cinque decenni ha visto sfilare bellissime donne: la pioniera Marilyn, e poi Pamela Anderson, Sharon Stone, Caterina Murino, Victoria Silvstedt, Dita Von Teese, Eva Herzigova, Jenny McCarthy, ed ultima in ordine di tempo, per la versione italiana del magazine, Micol Ronchi. Selezionate dallo stesso Hefner e dal suo attentissimo staff, per molte di loro, l’essere stata una coniglietta è significato l’inizio di una carriera sfolgorante in ambiti diversi: cinema, televisione, moda.
Hefner non è persona che si accontenta di quello che ha, così la rivista “Playboy” segna anche l’esordio di una nuova iniziativa imprenditoriale, che porterà col tempo alla creazione della “Playboy Enterprises”, società che dal 1991 è quotata alla borsa di New York con la sigla Pla.
Focalizzata essenzialmente all’intrattenimento di adulti, questa non solo produce ed edita la rivista “Playboy” nel mondo, ma opera anche in tutti gli altri campi dell’informazione e produzione multimediale: produce e distribuisce programmi televisivi e radiofonici, gestisce siti web, amministra tutti i servizi e i prodotti griffati con l’ormai celebre coniglio. Dal 2006, inoltre, la “Playboy enterprises” grazie ad un accordo stipulato con il casino Palms, ha aperto, a Las Vegas, una sede dedicata all’intrattenimento, che oltre ad casinò, può contare anche su un nightclub e su un negozio tutti rigorosamente targati “Playboy”.
Uomo decisamente previdente, a dispetto delle apparenze, Hefner ha già curato, nei minimi dettagli, la costruzione del mausoleo che accoglierà le sue spoglie: questo sorge nel cimitero di Brentwood, a Los Angeles proprio accanto alla tomba della divina Marilyn.