Battuta d’arresto per la riforma dell’articolo 44 del Tusmar. Il ministro Franceschini rinvia il decreto dopo la durissima protesta delle televisioni: piccolo e grande schermo devono aiutarsi a vicenda

Battuta d’arresto per la riforma dell’articolo 44 del Tusmar. Il ministro Franceschini rinvia il decreto dopo la durissima protesta delle televisioni: piccolo e grande schermo devono aiutarsi a vicenda

Oggi non arriverà in Consiglio dei ministri come era stato previsto il testo di riforma dell’art. 44 del Testo unico della Televisione (il cosiddetto Tusmar) preparato dal ministro Dario Franceschini che le televisioni hanno furiosamente contestato. Martedì scorso Rai Mediaset Sky La 7 Discovery Viacom Fox Disney e De Agostini hanno firmato tutte insieme – mai visto qualcosa di simile – una lettera di fuoco inviata al ministro contestando il suo progetto di alzare le quote di investimento in una misura che inciderebbe in maniera devastante sui bilanci aziendali.

Alla lettera che ha avuto un forte rimbalzo su tutti i quotidiani è seguita una riunione interlocutoria al Mibact in cui erano presenti emissari della televisioni e dirigenti del ministero e Nastasi della Presidenza del Consiglio.

Il ministro però ha deciso di soprassedere rinviando almeno di una settimana la presentazione testo proibabiblmenhte anche per verificare se è possibile trovare un punto di equlibrio.

Il durissimo braccio di ferro continua e Mediaset fa sapere che non accetterà neanche un minimo incremento dell’aliquota.

Il ministro però non sembra intimorito e non arretra dalle sue convinzioni. Ieri a ‘Otto e mezzo’ stuzzicato da Lilli Gruber sul decreto delle polemiche è stato molto chiaro. “Tutto il mondo della cultura ha per anni invidiato il sistema francese che ha difeso fortemente la produzione di cinema e fiction con delle quote”, ha spiegato il ministro, “ed io ho preso la norma francese, l’ho tradotta in italiano e l’ho messa sul tavolo per discutere. Quella norma prevede che il 60% della programmazione debba essere dedicata a opere europee e il 40% ad opere italiane”.

Motivando il perché delle le sue scelte ha argomentato il suo pensiero: “il sistema deve aiutarsi a vicenda. Non è possibile che noi ci lamentiamo che il cinema italiano non riesce ad essere vincente e contemporaneamente non venga aiutato dal sistema televisivo”, e ha poi concluso: “voglio assolutamente – poi vedremo dove arriveremo, c’è un Consiglio dei ministri, non sono da solo – delle norme che senza invadere la sfera della libertà di programmazione delle televisioni tutelino il prodotto italiano. Se non lo fanno le nostre televisioni chi lo deve fare?”.

Primaonline.it

Torna in alto