Domani, mercoledì 30 agosto, alle 23,25 su Rai1, andrà in onda «3×8 Cambioturno», un documentario di interesse storico e di attualità sull’Ilva di Taranto. Girato nel giugno 2016, un anno prima della cessione dell’azienda dell’acciaio al gruppo ArcelorMittal-Marcegaglia, è l’unico documento che racconta gli anni della gestione pubblica dello stabilimento siderurgico dopo il sequestro del 2012 per disastro ambientale da parte della Magistratura di Taranto. Ma il valore del docufilm – si sottolinea in un comunicato – è ancora più profondo.
Per la prima volta infatti, dopo molti anni, le telecamere entrano nel più grande stabilimento siderurgico europeo, l’Ilva di Taranto. Uno degli ultimi esempi del gigantismo industriale, che il docufilm racconta nelle sue dimensioni pressoché infinite anche grazie all’utilizzo di droni che si «arrampicano» sugli impianti, attorno ad altoforni alti oltre cento metri e camini alti oltre duecento metri. Scopo del lavoro, si afferma, è quello di raccontare la giornata in fabbrica – uno stabilimento a ciclo integrato, attivo 24 ore al giorno per tutti i giorni dell’anno, ininterrottamente in funzione dall’inaugurazione del 1961 – attraverso la scansione dei tre turni (7-15, 15-23, 23-7) che introducono le vicende di quattro lavoratori: uno lavora all’altoforno, due in acciaieria, un altro al treno nastri. C’è anche un dirigente del siderurgico che si accosta agli operai, introducendo il pubblico – come in uno strano «tutorial» – alla complessa dinamica di produzione dell’acciaio nell’Ilva, un colosso dai numeri impressionanti ancora oggi: 12mila dipendenti, 15 milioni di metri quadri di area, 200 chilometri interni di ferrovie, altri 50 di treni nastri.
Le giornate dei quattro lavoratori – che sono raccontate anche nella routine famigliare e privata – vengono accompagnate da alcune interviste che integrano il punto di vista dei protagonisti: altri punti di vista che si compongono nel racconto, a scrittori, giornalisti, a un ex dirigente dell’Ilva oggi esponente ambientalista, al parroco del rione Tamburi, il quartiere più vicino all’acciaieria e anche il più esposto, negli anni, alle sue emissioni. Attraverso le quattro storie, «3×8 Cambioturno» ricostruisce – nella violenza della realtà che le storie e le immagini sanno trasmettere, utilizzando anche immagini di repertorio e attingendo ad alcuni materiali di archivio – l’anima sommersa di una città che è rimasta intrappolata tra il mare e le ciminiere. Il documentario nasce da un’idea di Angelo Mellone che ne ha curato la realizzazione insieme a Pietro Raschillà. La regia è di Gianmarco Mori.
Domenico Palmiotti, Il Sole 24 Ore