Sky a Milano, condotta anti-sindacale

Sky a Milano, condotta anti-sindacale

SKY incassa una condanna per condotta anti-sindacale. Il piano di trasferimenti dei dipendenti dalla sede di Roma a Milano, con licenziamenti annessi, per il giudice del lavoro non ha rispettato tutte le regole del caso.

Chiamata in giudizio dal piccolo sindacato Ugl – come dire Davide contro Golia – Sky si proclama innocente.

In sostanza la pay-tv sostiene che:

1) sono stati i suoi lavoratori a chiedere di incontrare i dirigenti dell’azienda per conoscere meglio il piano; 2) sono stati sempre loro, i lavoratori, ad accettare volontariamente di trasferirsi a Milano; 3) nessuna pressione indebita è stata esercitata sui dipendenti, semmai incoraggiati a spostarsi da forti aiuti economici; 4) tutti i diritti sindacali infine sono stati rispettati.

Ma il giudice non crede a questa ricostruzione. A suo parere, è irrealistico credere che persone “radicate” a Roma si siano convinte a emigrare a Milano, dopo una serie di colloqui individuali volontari. Ed è impossibile pensare che il lavoratore – desideroso di restare a Roma, ma senza difese – e l’azienda – decisa a spedirlo a Milano – abbiano affrontato il colloquio ad armi pari, con eguale “forza contrattuale”. L’azienda, ovviamente, aveva il gioco in mano.

Il giudice pensa dunque che Sky abbia indotto i dipendenti ad accettare colloqui personali, con un obiettivo preciso. E cioè aggirare l’articolo 57 del Contratto di Lavoro delle emittenti televisive private. Articolo che regola i trasferimenti di massa, i trasferimenti collettivi dei lavoratori da una sede a un’altra.

Oltre ad aver dribblato questo articolo 57 e le sue procedure regolamentate, Sky si è macchiata di un’altra colpa.

Non ha favorito le rappresentanze sindacali unitarie (le Rsu) nel loro lavoro di supporto ai lavoratori.

Sky ad esempio ha permesso che i sindacalisti delle Rsu fossero presenti ai colloqui individuali tra dipendente e azienda “eccezionalmente”, in una “ottica collaborativa” e “senza alcun potere negoziale”.

Insomma: la richiesta della pay-tv era che i sindacalisti presenti ai colloqui collaborassero con l’azienda, non certo con il lavoratore.

Alla luce dello “svilimento del sindacato e delle sue prerogative”, alla fine il giudice Laura Baiardi decide per la condanna di Sky.

Aldo Fontanarosa e Leandro Palestini, dalla rubrica Antenne, Repubblica.it

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