Il giornalista: «Mi seguivano in 4 milioni, evidentemente il programma dava fastidio. Non ho mai avuto padroni, la mia forza è sempre stata quella di essere super partes»
Massimo Giletti: dunque, addio Rai…
«Sì… Ieri, martedì, è stato inevitabile uscire dalla Rai e provare tristezza. Anzi, molta amarezza perché Viale Mazzini è casa mia. Sono passato davanti al cavallo coperto dalle impalcature per i restauri e mi è rivenuta in mente una scena di trent’anni fa. Il mio primo appuntamento fu con Giovanni Minoli, devo a lui il mio approdo alla Rai. Era per le 11, arrivai alle 10 in giacca e cravatta. Guardai quel cavallo a lungo, appena arrivato da Torino. Ricordo benissimo i sogni, le speranze, i progetti. Non avrei mai pensato che nel 2017 mi sarei ritrovato nelle condizioni di dover lasciare quel posto così pieno di significati per me».
Dunque approda a La7, nella rete da poco diretta da Andrea Salerno, anche lui un ex Rai.
«Sì e rifarò L’Arena. La mia Arena… Qualcuno sperava che non andasse più in onda perché, dicono, dava molto fastidio. Ma L’Arena è la mia creatura professionale, l’ho fatta nascere, l’ho modellata. Ho scelto La7 perché ho capito che era lì la strada per dare continuità a questa esperienza».
«L’Arena» torna: domenica pomeriggio?
«È ancora troppo presto… Posso anche avere le idee chiare ma occorre tempo per decidere bene. Dico solo che L’Arena continuerà a esistere, a dar voce all’Italia che ha scoperto e capito. La ragione per cui ho deciso per un simile passo è stata proprio la continuità del programma».
Nelle settimane scorse ha parlato spesso con l’editore de La7, Urbano Cairo.
«Sì, ho parlato a lungo con lui. Mi ha convinto, è stato bravissimo, deciso, determinato, sembrava uno della Juventus… Ma non ho visto solo lui. Sono state settimane di incontri e di trattative».
Secondo «Dagospia», la trattativa con Mediaset sarebbe naufragata per il veto di Barbara D’Urso sulla domenica pomeriggio. È così?
«Non credo che in una tv importante si possano accettare veti da Barbara D’Urso o da altri conduttori. Crederlo, sarebbe irrispettoso nei confronti di un network come Mediaset che ha alla guida un personaggio del calibro di Pier Silvio Berlusconi. Non penserei mai una cosa del genere».
Dal suo punto di vista perché la Rai non ha messo Giletti nelle condizioni di rifare «L’Arena»?
«Evidentemente il direttore generale, che ha la piena libertà di scegliere la propria linea editoriale, ha ritenuto che il successo di un programma seguito da quattro milioni di spettatori, con oltre il 22% di share dalle 14 alle 15, non bastasse per essere riconfermato. Evidentemente L’Arena è un programma scomodo».
Forse perché, secondo alcuni, esprime una cultura di centrodestra?
«È vero, mi hanno difeso Meloni e Salvini però storicamente la politica sposa le convenienze dell’istante, ma tutti sanno che io sono un uomo libero… Non ho mai avuto padroni, la mia forza è sempre stata quella di essere super partes. Mai avuto alcun mandato politico, ed è stata la mia identità. Credevo bastasse per una tv pubblica avere questi risultati come garanzia. Evidentemente non è così. E un domani qualcuno dovrà spiegare, non a Giletti ma ai quattro milioni di telespettatori, perché L’Arena è stata chiusa. Ma la verità, non le favole».
Il direttore generale Mario Orfeo ha detto spesso che lei non ha risposto all’offerta dell’azienda: dodici prime serate il sabato sera e reportage dai fronti dove sono impegnati i contingenti italiani.
«Io avevo un accordo con l’ex direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e col direttore di RaiUno Andrea Fabiano di continuare L’Arena più alcune prime serate importanti del sabato su RaiUno dove in passato abbiamo realizzato grandi successi. Sto parlando di maggio. Siamo arrivati alla vigilia della presentazione dei palinsesti e il nuovo direttore generale Mario Orfeo mi ha convocato in fretta e furia al settimo piano. Mi trovavo con mia madre che non stava bene, non ero a Roma. Ho detto: guarda, non posso venire. Ma dentro di me ero sereno. Chi può pensare si possa chiudere un programma di tale successo? Dopodiché ho letto su Tv blog della cancellazione dal palinsesto. Era un venerdì. Ho pensato a una fake news. Ma il silenzio è stato eloquentissimo. Non addosso colpe a Mario Orfeo: pensavo fosse un amico ma evidentemente ci sono ruoli e situazioni che cambiano gli uomini, li inaridiscono. L’ho visto il lunedì successivo e mi ha detto: chiudo L’Arena, e basta, così ho deciso. Adducendo una scusa che mi fa sorridere: cioè che la gente, la domenica pomeriggio, deve rimanere tranquilla».
Fatto sta che lei non ha risposto alla Rai.
«In certe occasioni per rimanere educati è meglio non rispondere. Dodici eventi serali di intrattenimento, privi della mia anima giornalistica… io sono giornalista dal 1994. E poi quei reportage: ho qui una email dell’8 luglio. Sarebbero andati in onda tra luglio e agosto nel 2018-2019. Ecco, una proposta del genere, proprio nell’anno delle elezioni… mi è suonata molto male».
Il sito Spot and web calcola il suo «valore pubblicitario» in otto milioni di euro.
«Mi sembra una stima riduttiva. Bisognerebbe calcolare bene i grandi eventi serali che abbiamo realizzato, anche venerdì 4 andrà in replica quello con Zucchero. Vedo che per alcuni gli spot valgono, “pesano”. Per altri no».
Sta pensando a Fabio Fazio.
«In generale… un criterio o vale per tutti o per nessuno».
Quanto vale il suo contratto, Giletti?
«In questa storia, il criterio del denaro è all’ultimo posto. La mia è una scelta di libertà. Con mio padre ho avuto un rapporto tempestoso ma mi ha insegnato una cosa: mai abdicare alla dignità. Per me chiudere L’Arena sarebbe stato abdicare alla dignità. Fare altri programmi voleva dire comprare il mio silenzio. Con grande dolore, non ho potuto accettarlo».
Paolo Conti, Corriere della Sera