E’ morto George Romero, il regista de ‘La notte dei morti viventi’

E’ morto George Romero, il regista de ‘La notte dei morti viventi’

Il maestro del cinema horror aveva 77 anni. Con la sua saga degli zombie ha influenzato una generazione di cineasti e parlato di società e politica con film di grande intrattenimento

Il papà degli zombie cinematografici, il regista americano George A. Romero, è morto all’età di 77 anni. Lo riporta il Los Angeles Times citando il suo produttore Peter Grunwald che ha riferito che il regista è morto nel sonno “dopo una breve ma aggressiva battaglia con un cancro ai polmoni”. Aveva accanto a sé la moglie Suzanne Desrocher Romero e la figlia Tina.

Regista culto horror, George Romero è stato precursore in molti aspetti di un cinema che apparentemente si proponeva come puro intrattenimento ma invece nascondeva un linguaggio politico e sociale fortissimo. Durante la scorsa Mostra del cinema di Venezia Dario Argento, che di Romero è stato produttore ma soprattutto amico, in occasione della proiezione della copia restaurata di Zombi, il secondo capitolo della saga dopo La notte dei morti viventi, raccontava: “Noi che lo giravamo eravamo assolutamente consapevoli della dimensione politica del film, d’altronde si fa politica vivendo. Ogni film è politico nella misura in cui è immerso nella vita, io sono convinto che nel cinema tutto diventi politico se parla della realtà”.

E nonostante i film di Romero raccontassero una realtà apparentemente straordinaria, quella dei morti viventi, erano immersi nella cultura e nella società americana contemporanea, anzi secondo alcuni erano addirittura premonitori. Un altro regista, appassionato del cinema di Romero, Nicolas Winding Refn spiegava:“Zombi è un film che parla di trasgressione, è molto più che un film di intrattenimento anche se intrattiene moltissimo – diceva Winding Refn a settembre prima delle elezioni presidenziali– è un’opera estrema e poetica, pericolosa, spaventosa e divertente… un magnifico giro di giostra che è entrato nella cultura popolare per poi nutrire la subcultura. Ed è un film profetico perché con i suoi zombie parla già dell’America di Donald Trump”.

Nato a New York il 4 febbraio 1940, sin da giovanissimo l’amore di Romero per il cinema si è concretizzato in esperimenti con la macchina da presa: già da ragazzino realizzava film amatoriali con la 8 mm. regalatagli da uno zio. A quattordici anni, mentre stava girando un corto di fantascienza (L’uomo della meteora, 1953), venne arrestato dalla polizia dopo aver gettato dal tetto di un palazzo un manichino in fiamme. Diplomatosi in pittura e scultura presso il Carnegie-Mellon Institute, per un po’ di tempo sbarcò il lunario come regista e attore nei teatri di Pittsburg.
Dopo una certa esperienza televisiva, con i soldi guadagnati fondò una società di produzione e distribuzione, The Latent Image. Girato con pochi mezzi e in bianco e nero, il suo film di debutto La notte dei morti viventi nel 1968 venne accolto subito bene negli Stati Uniti e in Europa fu un trionfo finendo per incassare in tutto il mondo 30 milioni di dollari.

Prima di dirigere Zombi però Romero firmò un paio di altri horror che però non ebbero uguale fortuna: La stagione della strega, 1972 e Wampyr, 1978. “Solo dopo La notte dei morti viventi, capii come quella degli zombie potesse essere una metafora potente, e importante. Se non li si considera mostri, ma una rappresentazione di quel che noi uomini siamo diventati, ecco allora che il genere dei morti viventi acquista un’altra dimensione – diceva qualche tempo fa Romero – Zombi nasce nel clima psicologico e sociale successivo a uno dei più bui e turpi periodi della storia americana, dopo l’escalation di sangue e morte della guerra del Vietnam”. Dopo il successo commerciale (scritto da Stephen King) di Creepshow (1982) Romero completò la sua “Trilogia dei morti viventi” nel 1985 con il meno acclamato e più cupo Il giorno degli zombi.

Romero con un’attenzione maniacale al dettaglio ha sempre curato personalmente il montaggio e la sceneggiatura dei suoi incubi da grande schermo, qualche volta tratti da racconti di Edgar Allan Poe (gli episodi I fatti nel caso di Mister Valdemar e Il gatto nero, diretto da Dario Argento, che compongono Due occhi diabolici del 1990) o Stephen King (La metà oscura, 1993).

Come Alfred Hitchcock non rinunciava a comparire fugacemente sullo schermo, anche in film diretti da altri (per esempio ne Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, 1991). Nel 2000, insieme a John Carpenter, David Cronenberg e Wes Craven figurava in The American Nigthmare (Adam Simon), serie di interviste con i maestri del genere mescolate ad alcuni spezzoni del più famosi film horror della storia del cinema.

All’epoca Romero aveva rivelato: “Per la verità con La Notte dei Morti viventi volevamo fare niente più che un filmetto commerciale, esagerare con la violenza, ma una critica alla crisi sociale degli anni ’60? No, quello fu un caso. E invece, un paio d’ anni dopo la sua uscita un articolo sulla rivista francese Cahiers du Cinema lo definì un film fondamentale in quanto esempio di cinema radicale, una reazione all’intervento militare Usa in Vietnam. Mi scoprii un autore socialmente impegnato e ci ho provato gusto. Hanno visto Zombi come una critica al consumismo, Il giorno degli zombi uno studio del conflitto tra scienza e tecnologia bellica, La terra dei morti viventi come una disamina dei conflitti di classe. A me non è che me ne fregasse molto, ma già che c’ero, tramite gli zombie mi divertivo a dire qualcosa su quello che stava in quel momento nella nostra società. Se avessi fatto dei film seri e importanti non avrei potuto dire tutte queste cose”.

Chiara Ugolini, La Repubblica

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