Lʼincredibile storia di Liban, ostaggio della famiglia che non accetta la sua convivenza con una donna occidentale
“Ero arrivata a Londra da appena una settimana. Conosco questo ragazzo sul treno, mi chiede il numero di telefono. Era molto carino, ci siamo trovati subito in sintonia”. A raccontarlo è Giulia, la ventiseienne italiana compagna di Liban, il ragazzo somalo rapito dalla madre perché interrompesse il suo rapporto sentimentale con la ragazza. I due si sono conosciuti nel 2013 ma i famigliari del somalo non hanno mai approvato la storia con una occidentale: “Sua mamma e sua sorella non mi facevano nemmeno entrare in casa”, dice Giulia. Incuranti di ciò, hanno comunque continuato a frequentarsi e dal rapporto è nato un bambino, il piccolo Giordan.
Una sera, però, Liban viene aggredito da un senzatetto che lo riduce in fin di vita. Uscito dal coma, il ragazzo fatica a recuperare le normali facoltà mentali e i famigliari subito ne approfittano, mettendo in atto un vero e proprio sequestro di persone per allontanarlo una volta per tutte dalla sua nuova famiglia occidentale.
Dal suo rapimento sono passati sei mesi, durante i quali Giulia non ha mai smesso di cercarlo. Sa solo che prima è stato portato in Egitto, quindi in Somalia. Ma i suoi famigliari continuano a impedirle di vederlo e anche solo di sentirlo al telefono.
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