Il ceo della società Reed Hasting non teme Amazon Video, HBO o YouTube: “Il mercato è grande, c’è spazio per crescere per tutti”. Intanto si appresta a festeggiare i 100 milioni di utenti
Se vi siete ritrovati più di una volta addormentati sul divano alla tre di notte mentre sul televisore o sul tablet scorrevano inesorabili le immagini delle puntate in modalità binge watching di “Better Call Saul” o “Tredici”, sappiate che siete nel cuore di Reed Hasting il CEO di Netflix. Nel corso di una delle interviste in occasione della presentazione dei dati del primo quarter 2017 l’ideatore del servizio di video streaming ha infatti dichiarato che il principale competitor di Netflix è…il sonno.
No, non è una boutade – o almeno, non completamente. Il variegato mondo delle tecnologie cosiddette disruptive, cioè quelle così innovative da mettere a soqquadro tutto il mercato, hanno anche rivoluzionato il concetto di arena competitiva e il tipo dei concorrenti che è necessario temere. “A pensarci bene, quando inizi a guardare una serie su Netflix si crea una sorta di dipendenza, che ti porta a restare a guardarla fino a tarda notte – sostiene Hasting -. Alla fine quindi il nostro competitor principale è solo il bisogno umano di chiudere gli occhi per un terzo della giornata”.
Se qualcuno gli fa il nome di Amazon Video, HBO o YouTube, Hastings fa spallucce. “Il mercato è grande – dice – e noi come i nostri competitors siamo solo due gocce d’acqua nell’oceano di tempo e spesa delle persone”. Anzi, Hasting spende parole di stima nei confronti dei propri concorrenti: “Amazon sta facendo un bel lavoro, ma non ci penalizza perché l’home entertainment non è un ‘gioco a somma zero’. Anche il gran successo di HBO lo dimostra. C’è spazio di crescita per tutti”.
Le frasi del capo di Netflix – che nelle prossime toccherà i 100 milioni di abbonati in tutto il mondo – ci fanno capire che è finito il tempo delle segmentazioni di mercato e della conseguente identificazione dei competitors così come illustrate nelle bibbia del marketing aziendale di Philip Kotler. E Netflix non è certo l’unico ad avere questa idea “laterale e allargata” di mercato e concorrenza. Forse uno degli esempi più famosi e famigerati degli ultimi anni è il chiacchieratissimo Uber che già alcuni anni fa aveva visto come vero rivale non tanto l’associazione dei taxisti (dimenticando le possibili intrusioni della magistratura, quantomeno in Italia) e nemmeno del servizio simile Lyft, bensì ai possibili sviluppi delle Google car, le auto che si guidano da sole. Non è un caso che quando la tecnologia sarà perfezionata, il modello di business dell’aziende di Mountain View sarà proprio quello del ride-sharing grazie anche all’applicazione Waze – acquistata da Google – che fornisce le informazioni sul traffico e sui tragitti più veloci e all’alleanza con Chrysler.
Anche Facebook oggi non vede in Twitter o in Snapchat come i suoi concorrenti da temere, che invece sono i videogiochi e la TV: Un utente non abbandona un social network per un altro social network, dicono i manager di Zuckerberg, bensì per passare del tempo libero in un’altra modalità d’intrattenimento: per questo lo scopo di Facebook è massimizzare la quantità di tempo che gli utenti passano sul social, offrendo loro sempre nuove attività e motivi d’interesse.
Il discorso invece è diverso, ad esempio, per i servizi di streaming musicale: se un utente decide di abbonarsi a Spotify, compie una scelta definitiva che non si abbonerà anche a Apple Music a Deezer o al servizio di music streaming di Google. Gli utenti amanti di film e serie tv tendono invece a iscriversi a più servizi di pay tv e di video streaming: qui il mercato è caratterizzato dalla varietà dell’offerta e scarsità dell’elemento tempo nel lato della domanda. Magari la prossima mossa di Netflix, fantastichiamo noi, sarà una partnership con RedBull o qualche altra bevanda a base di caffeina per far durare più a lungo la resistenza durante le maratone binge-watching.
di Michele Boroni, Il Foglio