“Boxe e’ vita, mondo di chi si rialza, non di chi non cade”
Un film dominicano ma con un cuore italiano. “Una metafora della vita: il mondo non e’ di chi non cade, e’ di chi si rialza”, spiega all’ANSA Ettore d’Alessandro, sceneggiatore e co-protagonista, che ha portato “Samba'”, dramma sportivo ma soprattutto umano, in dirittura d’arrivo al prestigioso Tribeca Film Festival di New York.
“Samba'”, che concorre tra i 10 migliori film nella categoria narrativa internazionale e tra i cinque del parallelo ESPN Tribeca Sport Film Festival, racconta la parabola di Francisco “Cisco” Carrillo, tornato in patria nella Repubblica Dominicana dopo 15 anni di carcere negli Usa. Dietro le sbarre, “Cisco” ha imparato a fare a botte, ma e’ solo dopo che l’italiano Nichi Valente, lui stesso una ex promessa del pugilato, ne scopre l’innato talento, che la vita dei due comincia a riprendere senso. “Cisco” e Nichi hanno poco o nulla in comune, se non la voglia inconscia di avere “una seconda chance”. Nichi decide di allenare “Cisco”: per entrambi comincia un cammino di reciproca redenzione. “Usando la metafora della boxe ho voluto raccontare la mia vita”, spiega D’Alessandro, piemontese di Casale Monferrato, 42 anni. “C’e’ ovviamente nel film una componente sportiva, ma ‘Samba” (la sacca di sabbia del punching ball in spagnolo) non e’ un nuovo ‘Rocky’ perché di ‘Rocky’ ce n’e’ già’ stato uno. Ma soprattutto perché non parla di vittorie. Non e’ importante vincere ma cercare di restare in piedi, e se poi cadi, cercare di rialzarti”. Tre anni di lavoro, un budget di un milione e 600 mila dollari raccolti grazie alle nuove leggi dominicane di incentivi al cinema, 24 giorni sul set a Ciudad Nueva e un anno in post produzione, “Samba'” ha gia’ battuto la concorrenza di oltre ottomila film per arrivare in finale. Con D’Alessandro (una parte in “Mary” di Abel Ferrara) nel ruolo di Nichi recitano Algenis Pérez Soto (“Sugar”) e Laura Gomez (“Orange is the New Black”), più due due pugili professionisti ex campioni del mondo, Felix “Mangu” Valera e Joan Guzman, nelle scene del match finale. I due registi, Laura Amelia Guzmán e Israel Cárdenas, hanno fatto della Repubblica Dominicana, le sue strade, i suoi ghetti, i tramonti, le spiagge, la musica, una co-protagonista: lo spiraglio di un paradiso perfetto in un isola dove il paradiso non sembra mai a portata di mano. “E’ un paese che mi ha adottato come figlio”, spiega D’Alessandro: “Mi ha dato qualcosa che il mio paese non mi ha dato”. (ANSA).
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