FABRI FIBRA, FILE RECORD PER IL «FENOMENO» DEL RAP

FABRI FIBRA, FILE RECORD PER IL «FENOMENO» DEL RAP

La folla che attende Fabri Fibra alla Feltrinelli Express non è certo scaramantica: 17, come sempre, sono i brani dell’ultimo album dell’unica vera «Rapstar» italiana, tornato sul mercato a quarant’anni con «Fenomeno» per dirsi ancora «uno del mucchio»: «Ogni giorno prendo la mia dose quotidiana di merda», scandisce in «Ogni giorno», quasi a ribadire la necessità del proprio flow di essere urgente, se non necessario, come il bisogno di una comunicazione senza filtri nè pudori. «La gente mi chiede se sono matto, si vede che non sa come vivo, perché per rimanere così in alto, è una questione d’equilibrio», ribadisce in «Equilibrio», uno dei pezzi che rendono il disco simile a una seduta psicoanalitica.
Il titolo ribadisce la consapevolezza di essere oggetto di osservazione, ammirato o odiato poco importa. Da dieci anni mainstream senza sputtanarsi, Fabri incontra Thegiornalisti e racconta il presente del pop italiano in «Pamplona», che si candida a tormentone estivo tra cronache di ordinaria massmediadipendenza e voglia di caldo sulla pelle e di puro escapismo. Poi chiede a Roberto Saviano di dire la sua in una breve «Skit», «mettendo insieme parole che nell’ordine di poche decine, lanciano un messaggio più diretto che attraverso centinaia di pagine», azzarda il comunicati stampa.
È lo stile di Fabri Fibra, o forse quello di Fabrizio Tarducci, che sono due persone/personaggi diversi, come lo erano/sono Eminem e Marshall Mathers III, che richiama in un pezzo come «Ringrazio» («Mia madre mi ha rovinato la vita, mia madre. E non è mai finita con mia madre»), in cui scarica la sua colt sulla famiglia, prima la mamma, poi il fratellino Francesco, in arte Nesli, appena passato dal flop sanremese al fianco di Alice Paba al riciclaggio come celebrity masterchef .

Enzo Gentile, il Mattino

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