Il rapper Fabri Fibra dovrà affrontare un altro processo con l’accusa di avere diffamato nel corso di un concerto di due anni fa il “collega” Valerio Scanu: lo ha deciso un giudice del tribunale di Milano, Manuela Accurso Tagano, che ha respinto la richiesta di archiviazione della Procura per quel reato e ha disposto l’imputazione coatta per Fabrizio Tarducci (vero nome del cantente) in un procedimento che è, in sostanza, la “seconda puntata” di una querelle tra i due artisti che va avanti da qualche anno.
In passato, il rapper di Senigallia (in provincia di Ancona) era stato condannato dal tribunale milanese a una multa e a una provvisionale di risarcimento per aver offeso la reputazione di Scanu con alcune strofe della canzone “A me di te”, pubblicata nel 2013 e nella quale, secondo la Procura, faceva riferimento «con scherno ai suoi orientamenti sessuali».
Nel 2015, durante un concerto, Fabri Fibra ha riproposto quel brano senza però rappare i passaggi incriminati, ma rivolgendo il microfono al pubblico che li ha cantati al suo posto. Da qui la nuova denuncia di Scanu sia per diffamazione sia per istigazione a delinquere.
Il pubblico ministero Cristian Barilli, però, ha deciso di chiedere l’archiviazione per entrambe le contestazioni, valorizzando, tra le altre cose, il fatto che Fibra durante la canzone avesse mostrato su un monitor alcuni passaggi della sentenza di condanna a suo carico del giudice Andrea Ghinetti. I legali di Scanu si sono opposti all’istanza della Procura e qualche giorno fa si è tenuta un’udienza, durante la quale il giudice ha deciso di archiviare l’accusa di istigazione a delinquere spiegando, in sostanza, che è un reato a tutela dell’ordine pubblico e non si poteva applicare in questo caso. Non può essere archiviata, però, l’accusa di diffamazione, perché il rapper, facendo cantare il pubblico al posto suo, avrebbe comunque contribuito all’offesa della reputazione di Scanu.
La data della prima udienza del processo dev’essere ancora fissata.
il Secolo XIX