MANUEL AGNELLI, IL TOUR E POI X FACTOR: «MA NELLA VITA VOGLIO FARE IL MUSICISTA»

LAEFFE AGNELLIHa voglia di suonarcele Manuel Agnelli, uscito sano, salvo e popolarissimo dalla giuria dell’ultimo X Factor, dove è approdato con grande sorpresa di chi lo confinava ai luoghi rock più duri e puri. E’ tornato a casa, cioè in tour, con tappe in tutta Italia (22 marzo Atlantico Roma) e poi punta all’estero con i suoi Afterhours, ormai collaudato collettivo di musicisti più che band. Agnelli si ricompone dopo un’uscita extracorporea, al seguito del disco “Folfiri o Folfox”, l’abracadabra di una favola nera con i nomi feroci dei due trattamenti chemioterapici cui si è sottoposto il padre, prima di andarsene.
E’ il suo ‘The Day After’, e aveva proprio voglia di riprendersi la scena carnale, perché il live è da sempre questo, un dare tutto fisicamente, emotivamente, strumentalmente: «All’inizio mi sono divertito, la tv era una cosa nuova per me, però io nella vita voglio fare il musicista. Mi mancava la dimensione completamente mia e il rapporto diretto con un pubblico che parla la mia stessa lingua. Finalmente presentiamo il disco per intero e aggiungeremo qualcosa di repertorio».
Ha trovato un suo modo di vivere la popolarità mediatica e di sottoporsi allo stress dei selfie: «Non ero abituato ad essere fermato per strada, ma il mio personaggio è abbastanza burbero, scomodo, mi si avvicinano quasi con timore, con molta educazione, non mi assalgono e la cosa mi ha un po’ riavvicinato alla gente». Gente forse non pronta per un live degli Afterhours, ostico per chi viene agganciato dal piccolo schermo: «Qualcuno resterà scioccato, ma meno di quanto si pensi, perché anche in tv si capisce il mio atteggiamento un po’ estremo. Le prevendite vanno benissimo, fan in più ce ne sono, ma non quanti ne avremmo avuti se avessimo proposto musica più leggera. C’è anche un fenomeno di ritorno, vecchi amici che ci davano per scontati ».
In scaletta non mancano estratti da Ballate Per Piccole Iene, La verità che ricordavo, Male di miele, la chiusura sull’irrinunciabile Quello che non c’è. A metà si piazza il nuovo pezzo-cardine ‘Grande’, intenso, quasi tridimensionale, che non si canta, si butta fuori. Insomma c’è tutto ciò che manca nei talent: il lungo dialogo strumentale, l’attenzione alle parole più che alla muscolarità vocale, l’aderenza al senso. Dopo i live, si riconferma giudice di X Factor, ma qualcosa cambierà. Preme per fare più musica e meno spettacolo e adotterà altre strategie: «Ho imparato che non devo pensare. Ad un certo punto ho iniziato a credere di aver capito il meccanismo e a volerlo usare. E’ stato un errore. Io funziono, mi diverto e ho senso lì se sto completamente fuori dal meccanismo. La vera furbizia sarà questa».
Fece discutere non poco la sua decisione di partecipare, presa affinché quel ruolo potesse dargli più legittimità ad agire sul dopo-programma. Infatti sta producendo il disco di Eva e ha arruolato Andrea Biagioni in apertura dei concerti, garantendo un seguito ai concorrenti, ma la visione è più ampia ancora: «La mia voce ora ha più peso. E non parlo dei progetti creativi che sto seguendo. Collaboro con una rete di operatori culturali, politici, addetti ai lavori per ridefinire la figura del musicista a livello burocratico e legislativo. Fare il musicista è un lavoro, ma viene trattato come se non lo fosse. Le attività culturali, escluse moda, enogastronomia e turismo, che sembrerebbero imprescindibili, rappresentano un terzo della nostra economia. Che la cultura sia bene di lusso è una bugia. Economicamente è fondamentale e in pochi se ne accorgono. Questa è la mia priorità assoluta».
Sono passati trent’anni dal primo singolo in inglese ‘My Bit Boy’, il primo disco ‘All the Good Children Go to Hell’ uscì nel1988. Un’impresa stare in piedi così a lungo in mondo discografico che cambia velocemente: undici dischi, tra seminali, confermativi, rischiosi, ma sempre di livello e mai innocui. Un traguardo da celebrare: «Trent’anni anni di un progetto sono rari, vorremmo uscire con materiale antologico inedito e portarlo in giro in estate, magari con alcuni componenti dei vecchi Afterhours, appartiene anche a loro. Non tutti parteciperanno, ho imparato che i compromessi nella musica non portano da nessuna parte». I bambini buoni vanno all’inferno, quelli cattivi sul palco.

Il Mattino

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